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Da "Easy Rider" in poi

Lo scanzonato "Svalvolati on the Road" è l'ultimo esempio di un filone di cinema americano che ha fatto del viaggio un momento fondamentale della conoscenza e della crescita interiore dei propri personaggi...

EASY RIDER

17.04.2007 - Autore: Adriano Ercolani
  In questi ultimi anni molti sono stati i lungometraggi “on the road” che si sono guadagnati il plauso della critica e molto spesso anche del pubblico: pensiamo ad esempio al viaggio in Buick che intraprendono i due fratelli Babbitt nell’emozionante “Rain Man” (id., 1988) di Barry Levinson; Tom Cruise e Dustin Hoffman fanno del loro viaggio il momento principale per la costruzione del loro rapporto fraterno, che porterà entrambi alla conoscenza reciproca.

Un altro piccolo gioiello dimenticato di quel periodo è “Fandango” (id., 1985), esordio di Kevin Reynolds che raccontava la “fuga” di quattro giovani, capitanati da Kevin Costner, per evitare la chiamata di leva verso il Vietnam: un piccolo capolavoro di atmosfera, in cui la nostalgia per la perdita dell’innocenza si trasformava in accettazione della propria natura.

Questi sono soltanto alcuni esempi di splendidi road movie che il cinema americano ci ha regalato negli ultimi anni, film che hanno adoperato gli stilemi estetici e la forza visiva del viaggio per raccontare anche, anzi soprattutto, i percorsi che l’animo dei protagonisti ha intrapreso per raggiungere un suo equilibrio.