NOTIZIE

Clip esclusiva da Selfie, il documentario che racconta il caso Davide Bifolco

Dal regista de L’Orchestra di Piazza Vittorio, Agostino Ferrente, un film in cui i ragazzi del Rione Traiano di Napoli raccontano il loro mondo

Selfie

28.05.2019 - Autore: Marco Triolo
Agostino Ferrente, regista de L’Orchestra di Piazza Vittorio e Le cose belle, torna al documentario con Selfie, per raccontare il caso di Davide Bifolco, il ragazzo di sedici anni ucciso per errore da un carabiniere nel 2014. Ferrente non racconta, però, direttamente la storia di Davide, ma quella di Alessandro e Pietro, due ragazzi che hanno oggi la stessa età che aveva Davide quando fu ucciso. E che vivono nello stesso quartiere di Napoli, il Rione Traiano. Un film girato con una tecnica molto particolare, in cui i ragazzi protagonisti si riprendono con il cellulare per raccontare le loro vite. Ecco una clip del film in esclusiva.

 
“Dopo L’Orchestra di Piazza Vittorio e Le cose belle, avevo giurato di non realizzare piu? documentari”, spiega Ferrente. “Avevo sofferto troppo entrando nelle vite delle persone coinvolte: non so fare documentari diversamente, ho bisogno di immergermi a fondo nella realta? che voglio raccontare, fino a diventarne parte”. “Ma poi venni a conoscenza della storia di Davide”, prosegue. “Non volevo realizzare un’inchiesta sulla dinamica dell’accaduto, anche volendo non ne sarei stato capace, volevo piuttosto provare a raccontare il contesto nel quale quella tragedia assurda si era consumata. Per questo mi sarebbe piaciuto incontrare ragazzi del rione che avevano la stessa eta? di Davide quando era stato ucciso. Era capitato a lui, ma poteva succedere a loro. Volevo che, partendo dalla sua storia, raccontassero se stessi e il proprio universo”.
 
Selfie arriverà nelle sale il 30 maggio, distribuito da Istituto Luce Cinecittà. A seguire la sinossi ufficiale.
 
Napoli, Rione Traiano. Nell’estate del 2014 un ragazzo di sedici anni, Davide, muore, colpito durante un inseguimento dal carabiniere che lo ha scambiato per un latitante.
Davide non aveva mai avuto alcun problema con la giustizia. Come tanti adolescenti, cresciuti in quartieri difficili, aveva lasciato la scuola e sognava di diventare calciatore.
 
Anche Alessandro e Pietro hanno 16 anni e vivono nel Rione Traiano. Sono amici fraterni, diversissimi e complementari, abitano a pochi metri di distanza, uno di fronte all’altro, separati da Viale Traiano, dove fu ucciso Davide.
Alessandro è cresciuto senza il padre, che dopo la separazione dalla madre si è trasferito lontano da Napoli. Ha lasciato la scuola dopo una lite con l’insegnante che “pretendeva” imparasse a memoria “L’Infinito” di Leopardi. Ora fa il garzone in un bar: guadagna poco, non va in vacanza ma ha un lavoro onesto in un quartiere dove lo spaccio, per i giovani disoccupati, è un ammortizzatore sociale di facilissimo accesso.
Pietro ha frequentato una scuola per parrucchieri, ma al momento nessuno lo prende a lavorare con sé. Il padre, pizzaiolo, ha un lavoro stagionale fuori città e torna a casa una volta alla settimana, mentre la madre è andata in vacanza al mare con gli altri due figli. Lui, invece, ha deciso di passare l’estate al rione, per fare compagnia al suo migliore amico e iniziare una dieta che rinvia da troppo tempo.
Alessandro e Pietro accettano la proposta del regista di auto-riprendersi con il suo iPhone per raccontare in presa diretta il proprio quotidiano, l’amicizia che li lega, il quartiere che si svuota nel pieno dell’estate, la tragedia di Davide. Aiutati dalla guida costante del regista e del resto della troupe, oltre che fare da cameraman, i due interpretano se stessi, guardandosi sempre nel display del cellulare, come fosse uno specchio, in cui rivedere la propria vita. 
Una disputa allontana i due amici: Alessandro preferirebbe venisse raccontato solo il loro rapporto e il resto delle cose belle del rione, ché di quelle brutte parla già quotidianamente la stampa. Pietro, al contrario, non vorrebbe tacere nulla, perché solo così lo spettatore potrà capire quanto è difficile per loro, in quel contesto,  vivere una vita “normale”.
Il racconto in “video-selfie” di Alessandro e Pietro e degli altri ragazzi che partecipano al casting del film viene alternato con le immagini gelide delle telecamere di sicurezza che sorvegliano come grandi fratelli indifferenti  una realtà apparentemente immutabile, con i ragazzi in motorino che sembrano potenziali bersagli in un mondo dove la criminalità non sembra una scelta ma un destino che ti cade addosso appena nasci.
 
Un film fatto interamente di sguardi dove il rione appare ai due ragazzi come una parafrasi dell’Infinito di Leopardi, che Alessandro prova finalmente a raccontarci: circondato da un muro che esclude la conoscenza di tutto ciò che sta al di là e che forse, si augura, un giorno, almeno i suoi figli potranno finalmente scoprire.

GUARDA ANCHE:
Il meglio del cinema e della TV in home video su Consigli.it
Scopri il cinema di Agostino Ferrente su Amazon
FILM E PERSONE