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Cidade de Deus - City of God

Il film attraversa tre epoche e innumerevoli storie che vi si snodano dentro, in alcuni casi presentate quasi alla maniera di episodi a sé stanti. Chi racconta è un ragazzo che la favela ha sempre dovuto subirla, non ha il piglio dell'assassino ed è più che altro un grande osservatore, Buscapé.

Cidade de Deus - City of God

12.04.2007 - Autore: Matteo Nucci
Descrivere con estremo realismo la vita di una favela famosa a Rio de Janeiro Cidade de Deus , raccontare le storie di personaggi usciti da un libro, a sua volta uscito dalla favela, e insieme riuscire a trasmettere l'immensa vitalità che emerge dalla violenza quotidiana. Questo è riuscito a Fernando Meirelles con un film capolavoro, già considerato la miglior opera del cinema brasiliano degli ultimi trent'anni, e anzi accostato a vere proprie pietre miliari del cinema occidentale. Il cult non è ancora nato. Ma solo perché non ce ne è stato il tempo.   Tratto dal romanzo di Paulo Lins (in Italia edito da Einaudi), seicento pagine in cui si alternano e s'intrecciano storie di più di trecento personaggi, "Cidade de Deus" (stranamente distribuito in Italia sotto al titolo di "City of God") è riuscito in un'impresa che pochi avrebbero considerato possibile in termini di qualità, innanzitutto, ma anche in termini di potenza d'impatto sullo spettatore. La storia della sua produzione forse spiega meglio di qualsiasi altro commento, le difficoltà nel ritrarre la realtà raccontata dal libro.   Il film attraversa tre epoche e innumerevoli storie che vi si snodano dentro, in alcuni casi presentate quasi alla maniera di episodi a sé stanti, per descrivere un personaggio o un luogo. Chi racconta è un ragazzo che la favela ha sempre dovuto subirla, non ha il piglio dell'assassino ed è più che altro un grande osservatore, che non dimentica nulla e fotografa la realtà. Buscapé l'alter ego dello scrittore Paulo Lins fotografo vorrebbe diventarlo sul serio e intanto racconta quel che gli capita attorno, spesso con una leggera vena (auto)ironica.   Sono gli anni 'sessanta', la criminalità è quasi romantica, un trio di ragazzi spadroneggia quasi giocoso in Cidade al ritmo della samba inquadrature classiche, carrellate da film western. Il germe degli anni settanta è gia nato, però, in quel Dadinho che diventerà, dopo un rituale, Ze Pequenho, il padrone assoluto nell'ascesa del narcotraffico. I 'settanta sono quindi descritti come un miscuglio di promesse e crudeli smentite: hippy, lisergici, un intreccio di pop, samba e funk, macchina da presa più libera, molti colori. Il decennio successivo è quello della guerra. Guerra per il controllo del traffico e soprattutto per la vendetta scatenatasi attorno a Mané Galinha, mite bigliettaio di un tram, sconvolto nell'onore e nella dignità da Ze Pequenho. Montaggio discontinuo, ritmo affannoso gli anni 'novanta sono il trionfo della cocaina.   L'ordinaria violenza, però, non smette di affiancarsi all'amore (le storie di Buscapé sono straordinarie), ai sogni che comunque un adolescente non può non nutrire, nonostante a sedici anni possa tranquillamente ringraziare per la longevità che gli è stata donata. In fondo, non sorprende che gli Academy Awards abbiano rifiutato un film in cui un bambino di forse sette anni viene costretto a scegliere fra due bambini più piccoli di lui uccidere uno o l'altro? mentre i grandi (?), che devono provarne la forza d'animo, ridacchiano. Sorprende semmai che non si siano accorti, fra i tanti, della figura di Cabeleira, il criminale più buono di Cidade de Deus, quello a cui piacciono i vestiti dei giovani spensierati e che fa impazzire le donne eppure ne ama una sola, con cui non vorrebbe fare nient'altro se non andarsene via.