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Buster Keaton: An hard act to follow

Al comico dalla faccia triste RaiSat Cinema dedica un documentario in tre puntate a cura di Kevin Brownlow e David Gill. "Buster Keaton: a Hard Act to Follow", è un'antologia delle scene più famose.

Buster Keaton

14.03.2003 - Autore: Francesca Fornario
In onda martedì 3 alle 22.50, martedì 10 e martedì 17 alle ore 23.10 su RaiSat Cinema   Le interviste allautore di film cult come The General, The Navigator, Hour Hospitality, allattore che negli anni Venti faceva ridere più di chiunque altro al mondo, partivano tutte dalla stessa domanda: Buster Keaton, perché lei non ride mai?. E lui, serissimo, snocciolava il seguente aneddoto: Uno degli uomini più comici che io abbia mai conosciuto era un attore del vaudeville. Si presentava al pubblico come il grande uomo triste. Non ne ho mai visti di più divertenti. Per quelli che non si accontentavano della spiegazione Keaton aveva in serbo una chiosa: Realizzare film comici è un lavoro serio. Se un attore si mette a ridere sullo schermo è come se dicesse allo spettatore che non deve credere a quello che vede, in quanto non è serio. Io ho esordito nel varietà, dove a furia di beccare torte in faccia ho capito una cosa, che quanto più mi mostravo indifferente e quasi stupito dellilarità del pubblico, tanto più quello rideva. Insomma, cè il tipo di comico che cerca di entrare in confidenza col pubblico, di far ridere il pubblico con sé. Per quel che mi riguarda, il pubblico ride di me, tornando alla domanda iniziale: Non ci trovo proprio niente da ridere. Cè stato persino lo sciagurato che gli ha chiesto come avrebbe reagito se lo avessero costretto a ridere. Buster girava in quei giorni Go west, parodia del mito della frontiera mobile che ispirava i primi western, dove interpretava un vaccaro incapace di amministrare il ranch (per mungere una mucca, piazza un secchio sotto alla bestia e aspetta che fuoriesca il latte). Pensò allora di inserire nel film la gag della partita a carte al saloon, durante la quale il pistolero suo avversario gli intima di sorridere e lui, ubbidiente, avvicina due dita al viso e solleva gli angoli della bocca. Al comico dalla faccia triste RaiSat Cinema dedica un documentario in tre puntate a cura di Kevin Brownlow e David Gill. Buster Keaton: a Hard Act to Follow, è unantologia delle scene più famose, commentate dal regista e critico Lindsay Anderson, che ricostruisce la tragica parabola del massimo inventore della gag visiva, destinata ad entrare in crisi con lavvento del sonoro (per Keaton è quasi un tuttuno: arriva il cinema sonoro e lui comincia a bere, finendo i suoi giorni da alcolizzato). Il documentario, premiato allestero con una sfilza di riconoscimenti, sottolinea linsospettabile debito di riconoscenza nei confronti del regista da parte dei massimi autori di cinema, da Frank Capra a Orson Welles a Sergej Eisestein. Ma il divertimento massimo è rintracciare le innumerevoli citazioni, dalle origini ai giorni nostri. A parte il fatto che Keaton stesso confessa candidamente di passare le gag a Charlie Chaplin: Certe cose che penso io vanno bene per lui e viceversa, e allora ci scambiamo le trovate, cè linarrivabile scena di The Navigator (1924), nel quale Buster, sceso sottacqua per riparare una nave in avaria, si lava le mani in un secchio e butta via lacqua sporca. Quattro anni dopo Chaplin è lì che lava una fontana e pulisce i pesci (il Circo). Cè poi la sequenza iniziale del cortometraggio \"The Playhouse\", uno spettacolo di vaudeville dove gli attori, lorchestra e il pubblico sono sempre Buster Keaton (come in \"Essere John Malcovich\", esatto), e infine la scena di \"Sherlock Jr.\", con Buster-proiezionista che entra nel film proiettato sullo schermo. Woody Allen per lincantevole \"La rosa purpurea del Cairo\" dichiara apertamente di essersi ispirato a Keaton, ma è chiaro che senza quel precedente non ci sarebbe stato nemmeno \"The Truman Show\".  
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