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Bullitt compie 50 anni, alla riscoperta del poliziesco culto con Steve McQueen

Inseguimenti memorabili e stile inconfondibile: anche cinquant'anni dopo, Bullitt non invecchia

Bullitt

13.10.2018 - Autore: Marco Triolo
È il 1968. La location è San Francisco, la città che un anno prima ha ospitato la leggendaria Summer of Love, culla della cultura hippie. Eppure, da un punto di vista cinematografico, non è un luogo ancora tanto apprezzato. Incredibile, no? Quelle strade in pendenza e quei dossi sembrano fatti apposta per gli inseguimenti d'auto. Ma fu proprio Bullitt a dimostrarlo a tutti.
 
Parte del merito lo dobbiamo dare al sindaco Joseph L. Aliotowas, talmente deciso a trasformare la sua città in una mecca del cinema da concedere alla produzione permessi inauditi e impossibili oggi. Aliotowas lasciò che venissero chiuse strade intere per settimane, diede alla Warner un'intera ala di ospedale e il permesso di girare nel San Francisco International Airport di notte. L'unico divieto fu alle riprese sul Golden Gate.

 
Di questa libertà fece grandissimo uso il regista Peter Yates, al suo primo film americano. Yates fu scelto personalmente da Steve McQueen, che aveva visto, su consiglio dello sceneggiatore Alan Trustman, l'ultimo suo film, Rapina al treno postale, dove c'era un inseguimento memorabile. Trustman stava scrivendo proprio la scena dell'inseguimento d'auto di Bullitt quando vide il film e ne restò impressionato. McQueen si fece convincere e ottenne che Yates dirigesse il film.
 
La scena dell'inseguimento per le strade di San Francisco tra la Ford Mustang 390 Fastback di Bullitt e la Dodge Charger 440 Magnum dei malavitosi è un pezzo di storia del cinema. Fu girata da Yates in persona, perché il regista sapeva che McQueen avrebbe voluto prendervi parte e non voleva affidare un compito del genere al regista della seconda unità. McQueen in effetti guidò personalmente l'auto nelle inquadrature ravvicinate, mentre lo stunt coordinator Carey Loftin e gli stuntman Bud Ekins e Loren Janes lo sostituirono nelle scene più pericolose (se ci fate caso, quando lo specchietto retrovisore è sollevato, si vede McQueen. Quando è abbassato e il volto del guidatore nascosto, vuol dire che alla guida c'è uno stuntman). A tutto ciò va aggiunto l'apporto fondamentale del montatore Frank P. Keller, che vinse l'Oscar per il montaggio. Sua l'idea di tenere la famosa retromarcia di Bullitt, in realtà un errore di McQueen che aveva mancato la curva.

 
Aliotowas, Trustman, McQueen, Yates, Keller. Il cinema è sempre un lavoro di squadra ma, nei casi migliori, è anche una combinazione di fattori fortunati che dà vita a qualcosa di unico e irripetibile. Bullitt è uno di questi casi. Una summa di sforzi che ha dato origine a un film d'azione entrato negli annali.
 
Ovviamente a metterci la faccia fu Steve McQueen, e il suo carisma contribuisce a portare a casa il risultato con estrema scioltezza. Quasi che la sua coolness innata fosse sufficiente a far sembrare facile la realizzazione di un film così complesso e rischioso. Persino il suo guardaroba, dal maglione a collo alto alla giacca di tweed con le toppe, divenne tendenza. La star ne era consapevole, aveva un grande occhio per gli elementi capaci di imprimersi nella memoria dello spettatore. Come la sua famigerata fondina, ispirata a quella dell'ispettore Dave Toschi. Toschi era un poliziotto di San Francisco che McQueen aveva seguito in preparazione al ruolo. Poco dopo l'uscita del film, Toschi sarebbe diventato famoso per le indagini sul killer Zodiac. Nel film di David Fincher, lo interpreta Mark Ruffalo, e il suo legame con Bullitt viene rimarcato da Robert Downey Jr. in una scena.

 
Bullitt è un film che si pone tra classicità e modernità. Come se fosse in cima a un dosso di San Francisco con la prima alle spalle e la seconda davanti. È un film che ha contribuito a cambiare il genere, anticipando l'adesione rigorosa alla procedura poliziesca e gli inseguimenti girati da William Friedkin nel successivo Il braccio violento della legge. Le musiche di Lalo Schifrin, con il loro pulsante ritmo jazz, fanno da tappeto sonoro a un'esperienza cinematografica ancora oggi solida e affilata come poche. Un film incapace di invecchiare, anche cinquant'anni dopo.

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