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Addio, Stanley Kramer

Addio, Stanley Kramer

Stanley Kramer

14.04.2003 - Autore: Alessandra Galassi
Una polmonite ha stroncato, il 20 febbraio, la vita di uno dei più grandi registi e produttori che il cinema americano abbia mai avuto: Stanley Kramer. Aveva 87 anni e da tempo risiedeva al Motion Picture and Television Hospital di Woodland Hills, un pensionato per ex dipendenti di Hollywood, vicino Los Angeles. Accanto a lui, fino all'ultimo istante, la moglie Karen Sharpe, che da 35 anni condivideva la vita del grande regista. Stanley Kramer è stato uno dei più ammirati e prolifici autori di cinema dell'intera storia del cinema. Nato a New York nel 1913, città presso cui si laureò in economia e commercio, Kramer iniziò a lavorare nel cinema come soggettista, montatore e sceneggiatore. Nel 1934 si trasferì ad Hollywood, dove cominciò a scrivere sceneggiature, ma la sua attività venne presto interrotta dalla guerra, presso il cui fronte Kramer si arruolò nel 1941. Subito dopo la fine dei conflitti, nel 1947, fondò una sua casa di produzione cinematografica indipendente (che porta il suo nome). Produsse film a basso costo, pur se di rilievo, che sono stati etichettati come "progressisti", perché fondati su tematiche sociali. Nel '49 produsse "Il grande campione", diretto da Mark Robson e scritto da Carl Foreman (socio di Kramer); il film apre la strada del successo all'allora giovane Kirk Douglas. L'anno dopo, con la stessa società, i due produttori americani realizzarono "Uomini", che venne diretto da Fred Zinneman e interpretato da un giovanissimo Marlon Brando. A questa pellicola ne seguì un'altra di grande successo: "Mezzogiorno di fuoco" (1952), diretta ancora una volta da Zinneman. Per Carl Foreman si trattò dell'ultimo successo, prima di finire vittima del maccartismo ed essere cacciato dall'America. In questo periodo di oscurantismo e caccia "alle streghe", Kramer seppe condurre la sua battaglia ed avere un certo successo, proponendo tematiche progressiste e innovatrici. Nel 1954, senza il suo socio, Kramer produsse "Il selvaggio", scritturando ancora Marlon Brando, in aggiunta alla produzione di vari film lasciati alla regia di Edward Dmytryk. E' il 1955 quando decise di tentare la strada della regia, e tre anni dopo diresse "La parete di fango", interpretato da Tony Curtis e Sidney Poitier. La tematica antirazzista, qui molto spinta, accompagnerà l'opera di Kramer in tutta la sua pienezza e spopolerà in quello che viene considerato il suo capolavoro: "Indovina chi viene a cena?". Kramer non nascondeva (e non era disposto a farlo) l'impegno civile e sociale dei suoi film. Con "La parete di fango" arrivò per Kramer la prima nomination all'Oscar per la regia. Le altre due le ricevette per "Vincitori e vinti" (1961), sul processo di Norimberga, e per "Indovina chi viene a cena" (1967). Pur non avendo mai stretto in mano una statuetta dorata, i film da lui prodotti o diretti vinsero ben 16 Oscar. Soltanto nel 1962 al gala per gli Awards, Hollywood gli consegnò l'Irving Thalberg Award. Nella sua attività di regista e produttore, Kramer si è sempre distinto per aver apportato al cinema americano, e mondiale, una ventata di progressismo e impegno civile, creando nei suoi film un mix di ideologia e tecnica cinematografica che hanno fatto di lui uno dei più grandi filmmakers della storia del cinema mondiale. Quello che era importante per Stanley Kramer era racchiuso in alcuni valori, che sentiva di dover difendere e propagandare: verità, giustizia, dignità. L'essere umano sopra ogni cosa. L'artista si era ritirato dalle scene hollywoodiane già da un ventennio, motivando la sua scelta con la scusa dello "spazio ai giovani", che non lascia nicchie neanche per uomini geniali come lui. E nell'insegnamento trovò la risposta (forse?) alla domanda che da anni poneva a se stesso: perché ho perso ogni contatto con il mondo hollywoodiano?