Rango
Dopo una vita passata come animale domestico a guardare il mondo che passa da un terrario dalle pareti in vetro, Rango si ritrova perso nel deserto del Mojave, dove vaga fino all'ultimo selvaggio avamposto del West: Polvere, una cittadina grintosa come il suo nome. Rango spera di potersi integrare, ma capisce subito che non sarà così semplice entrare in una comunità che comprende una tartaruga come sindaco, un rinnegato serpente a sonagli, cani della prateria ruba-banche, mostri con la pistola sempre pronta... e la prima lucertola femmina che Rango abbia mai incontrato. Quando Rango diventerà involontariamente il nuovo sceriffo dell'arida cittadina rappresenterà l'ultima speranza di trovare l''idratazione', ma capirà anche di trovarsi in un mucchio di guai. Tutti sanno che i buoni ragazzi non durano a lungo a Polvere, ma Rango è deciso a battere ogni probabilità mentre cavalca seguendo il suo percorso per diventare l'unica cosa che nemmeno un camaleonte potrebbe falsificare: un vero eroe.
“Io sono grande, è il terrario che è troppo piccolo per me”. Parafrasando le frustrazioni megalomani di Norma Desmond, ecco a voi “Rango”, il piccolo camaleonte protagonista dell'ultimo film di Gore Verbinski che, come si è capito, è in crisi d'identità. Non è facile esprimere
l'artista versatile che è in lui quando si è chiusi in una scatola di
vetro di 50 centimetri. La sua casa è un terrario, lui ama il cinema, il
teatro, la messa in scena e fa quel che può con gli strumenti di cui
dispone. La fantasia non gli manca ma la sua troupe lascia un po' a
desiderare e, anche se non lo sa, pure lui deve affinare le sue tecniche
attraverso quell'esperienza che solo la vita vissuta concede.
Un incidente inatteso però gli offre la possibilità di diventare il
protagonista di un'epica storia di genere western. Cavalcate oltre il
tramonto, leggende di confine, pistoleri fuorilegge, saloon e persino
mariachi pronti a saccheggiare il repertorio di Morricone per cantare il
suo destino. Un destino che lo conduce nella città di Polvere dove la
gente sta affrontando una terribile siccità. E' la sua occasione:
potrebbe spacciarsi per il tanto atteso salvatore, ma ad offuscare il
suo scintillante percorso verso la gloria ci si mette quella fantasia
sfrenata, la vanità da primadonna indiscussa dello show, e la modesta
contraffazione cui la sua natura camaleontica lo condanna. Ma il viaggio
dell'eroe non è tale se non c'è il conflitto: è dopo aver misurato i
propri limiti, dopo aver assaporato l'umiliazione e la sconfitta, che il
prode imparerà dal fallimento e avrà finalmente un'identità, arma
necessaria per affrontare la prova finale.
Così si scrive una storia che meriti di essere raccontata e Rango lo
impara sulle sue pelli in un racconto di formazione e catarsi
camaleontica quanto lui. Un'avventura colorata che attraversa il
cinema con un'esplosione di citazioni, un pastiche di linguaggi che
combina metaracconto, toni alti e demenziali, e si fa commedia
picaresca, irriguardosa e semiseria al tempo stesso. La
sceneggiatura è gioiosa, quasi eroica nel cavalcare per sentieri meno
battuti e trasuda efficacemente l'entusiasmo di una genesi creativa
fatta di amore per il vecchio cinema e di attenzione per il suo futuro.
Impressionante è anche la cura per i personaggi e la loro evoluzione adulta e complessa. Sergio
Leone, John Huston, Clint Eastwood, Sam Peckinpah, Billy Wilder,
Francis Ford Coppola, Steven Spielberg, George Lucas, Tim Burton, John
Lasseter… tutti trovano voce nel west di "Rango",
la forma invece arriva dalla bella animazione dell'Industrial, Light
& Magic (senza 3D) e viene resa potente e umanissima da una tecnica
che il regista ha definito Emotion Capture. Funziona così: si chiamano
gli attori, non gente qualunque possibilmente (in questo caso Johnny Depp, Alfred Molina, Isla Fisher, Abigail Breslin, Bill Nighy…),
che oltre a doppiare il film interpretino il loro ruolo su un set di
fortuna. Questo laboratorio teatrale verrà registrato e chi animerà le
immagini si servirà da questo ricco piatto per trovare spunti,
ispirazioni, forza espressiva, vita da iniettare negli animaletti
antropomorfi che sfilano sulla scena.
Il risultato è così anomalo e poco ruffiano che ci si chiede a quale
target sia davvero diretto mentre si spera che le sale si riempiano.
Nessun sospetto invece sul fatto che i componenti della troupe,
Verbinski in testa, si siano divertiti come matti.