

Qualunquemente

Perché Cetto La Qualunque torna in Italia dopo una lunga latitanza all'estero? E' stata una sua scelta? O qualcuno trama nell'ombra? Con lui rientrano anche una bella ragazza di colore ed un bambina di cui non riesce a ricordare il nome: la sua nuova famiglia. Al ritorno in patria Cetto ritrova il fidato braccio destro Pino e la famiglia di origine: la moglie Carmen e il figlio Melo. Ovviamente far convivere il tutto non sarà facile. I suoi vecchi amici lo informano che le sue proprietà sono minacciate da una inarrestabile ondata di legalità che sta invadendo la loro cittadina. Le imminenti elezioni potrebbero avere come esito la nomina a sindaco di Giovanni De Santis, un "pericoloso" paladino dei diritti. Così, Cetto, dopo una lunga e tormentata riflessione in compagnia di simpatiche ragazze non ha dubbi e decide di "salire in politica" per difendere la sua città. La campagna elettorale può cominciare...

Un trionfo di volgarità, machismo fiero e gagliardo, di ignoranza e
corruzione, di erotomania e menefreghismo è la ricetta programmatica con
cui Cetto La Qualunque si candida alle elezioni comunali di
Marina di Sotto, paesino neanche troppo immaginario della Calabria,
gemellato con Weimar. Non lo fa per vocazione politica, idealismo o
spirito di bandiera. Lo fa per difendere eroicamente i propri interessi
da un'inaccettabile ondata di legalità che minaccia lui, i suoi
possedimenti, la sua cricca di lacchè. E lo fa solo dopo aver a lungo
riflettuto in una vasca idromassaggio piazzata nel giardino della sua
villa barocca, cafona e piena di tesori trafugati, mentre è in compagnia
di ragazze compiacenti che lo ispirano ad affrontare una campagna al
grido di “più pilu e cemento armato”.
Com'è imbarazzante rintracciare in questa tragica maschera il ghigno sghembo di una realtà che va oltre la fantasia.
Siamo più brutti di quanto ammettiamo, ma abbiamo ancora una speranza
in quella risata che se non ci seppellirà, ripristinerà un senso del
ridicolo. Almeno si spera. Famiglia, religione, sanità, stupro del
territorio, disponibilità al clientelismo, informazione mistificata,
idolatria del potere: Antonio Albanese va a tutto campo e, con la sensibilità che distingue la sua arte straordinaria,
si scatena in un corpo a corpo con i residui di civismo e cultura, di
buonsenso e repulsione, perché tornino ad animarsi, perché resistano
ostinatamente alle provocazioni contorte e avverbiali del suo politico
impunito e scostumato. Il soffio vitale di “Qualunquemente” è il paradosso, il limite è quello più ovvio di un film che vive di gag nate in tv e vissute nei teatri.
L'incursione sul grande schermo finisce così per scivolare in uno schema
rigido e "Albanese-centrico", malgrado la regia cerchi di smarcarsi con
mirabile energia da questa trappola provando a costruire intorno a lui
spazi cinematografici. Cetto, immerso nel suo ambiente, circondato dalle
sue improbabili famiglie, imboccato dal suo coach elettorale che
rinnega le origini meridionali (Sergio Rubini), assume una dimensione più tragica del previsto che senzadubbiamente risulta anche molto comica e popolare. Nell'insieme però l'ipotesi che possa realizzarsi nel lungometraggio è azzardata. La Fandango,
comunque, si è assunta questo rischio e lo ha affrontato e sostenuto
con l'ironia virale di una campagna pseudo-politica fatta di manifesti
elettorali del candidato La Qualunque che certamente saprà rastrellare
un suo solido elettorato.