Pirati! Briganti da Strapazzo
Il barbuto Capitano dei Pirati, terrore dei Sette Mari, guida la sua scalcinata ciurma alla ricerca dei suoi eterni rivali, Bellamy il Moro e Sciabola Liz, per sconfiggerli e vincere il titolo di Pirata dell'Anno. La ricerca condurr il manipolo di bucanieri dalle spiagge esotiche di Blood Island alle strade fumose della Londra vittoriana dove il team si imbatter nella diabolica regina e in un giovane scienziato, senza per mai perdere di vista l'obiettivo primario.
In questi anni la parola “pirati” è stata associata solamente al franchise di Johnny Depp/Jack Sparrow. Ma ora la Aardman Animations – casa di produzione che ci ha regalato “Wallace & Gromit” e “Galline in fuga” – tenta di cambiare le cose con “Pirati! Briganti da strapazzo”, il nuovo film d'animazione diretto dal fondatore dello Studio, Peter Lord. La pellicola, in stop motion 3D, è un rutilante spettacolo che unisce umorismo demenziale e cappa e spada per intrattenere il pubblico con ottantotto minuti di risate ed emozioni.
Siamo alla metà del Diciannovesimo Secolo, e la Regina Vittoria (voce di Luciana Littizzetto) è impegnata in una sfida personale contro i pirati. Tra questi, c'è Capitan Pirata (voce di Christian De Sica),
un corsaro frustrato perché non è mai riuscito a vincere l'ambito
premio di Pirata dell'Anno. L'occasione arriva quando la sua ciurma si
imbatte nel famoso scienziato Charles Darwin...
Peter Lord mette in scena un'avventura che va dritta al cuore del genere
piratesco e lo mette alla berlina in toto: poche sono le citazioni
evidenti (una di “Elephant Man” si merita applausi a scena aperta), perché il regista sa che non si può basare tutto un film sui riferimenti pop come accade in certa animazione recente (la saga di “Shrek”,
specialmente). Bisogna al contrario partire da personaggi simpatici, e
Capitan Pirata è senz'altro questo: un adorabile loser per il quale è
impossibile non parteggiare. A doppiarlo in italiano c'è un azzeccato
Christian De Sica, che dimostra quanto sia cronicamente sotto-utilizzato
nel nostro cinema.
Le trovate memorabili non mancano – lo scimpanzé maggiordomo che parla
con i bigliettini, i problemi di cuore di Darwin, le imprese dei pirati
che si concludono sempre con esiti esilaranti – e l'animazione a mano ci riporta indietro, a un cinema più artigianale ma anche più sentito.
Pensare che i set a cui ci si trova di fronte non sono creati al
computer ma costruiti a mano, pezzo per pezzo e in miniatura, non può
che lasciare di stucco, così come la fluidità dei movimenti dei
personaggi. La Aardman non ha mai sbagliato un colpo, e non l'ha fatto
nemmeno stavolta. Per fortuna che ci sono almeno loro.
Di Marco Triolo