Melancholia
La storia di due sorelle molto diverse tra loro, ma unite da un unico scopo: sopravvivere nella Terra devastata da una catastrofe immane, l'impatto con un altro pianeta.
Fine del mondo, crisi matrimoniale, crollo di ogni certezza, apocalisse… da un cineasta controverso come Lars Von Trier ci saremmo aspettati una pellicola bomba, ma alla fine i vuoti di “Melancholia” sono più profondi dei suoi contenuti.
Diviso in due capitoli, il film racconta le diverse reazioni di due sorelle davanti alla fine del mondo: la depressa Justine (Kirsten Dunst,
nuova regina del dolore per il regista danese) che abbraccia pienamente
l'imminente apocalisse causata dalla collisione della Terra con un
altro pianeta, e Claire (la sempre sofferente Charlotte Gainsbourg) che invece non vuole accettare il suo destino.
Von Trier apre con un prologo visivamente ricalcato sulla struttura di quello di “Antichrist”,
alzando il volume della musica e iniziando da un primo piano di una
Dunst stremata con alle spalle animali morti che piovono dal cielo.
L'Armageddon viene subito messo davanti agli occhi dello spettatore, poi
si procede in flashback: la prima parte è ambientata nella notte di
nozze della Dunst (una specie di “Festen”
della durata di un'ora) in cui vengono fuori complesse dinamiche
familiari, personalità maniacali e i dubbi della protagonista che non
esita a tuffarsi nel tunnel della distruzione matrimoniale. Eccessivamente lungo e a tratti noioso, il capitolo dedicato alla Dunst non manca comunque di una certa ironia, spinta anche dal resto del cast (gli ottimi John Hurt, Charlotte Rampling e il sempre esilarante Udo Kier). Sessanta minuti dopo, la macchina da presa smette di seguire l'ex musa di “Spider-Man”
per concentrarsi sulla sorella, moglie e madre di un bambino. Von Trier
sostiene di aver aperto il film con la scena finale per suscitare
l'interesse dello spettatore nel conoscere l'itinerario narrativo della
vicenda, in realtà non vediamo l'ora che la fine del mondo arrivi su questi personaggi.
Nel mettere in scena il suo attacco all'umanità, riaffermando ancora una
volta il suo animo nichilista e sostenendo che, tutto sommato, la fine
del mondo è un evento positivo – il regista danese non prova mai ad
andare in profondità nei suoi contenuti, abbozzando superficialmente i
suoi personaggi. Rimangono solo due cose: la bellezza della Dunst – di
cui vediamo un nudo integrale – e alcune sequenze visivamente
affascinanti con la luna contrapposta al pianeta blu destinato a
schiantarsi contro il mondo.