L'ora nera
Arrivati nel bel mezzo di una strana tempesta luminosa, i giovani imprenditori della new economy Sean e Ben atterrano a Mosca per inseguire i loro sogni economici; le viaggiatrici Natalie e Anne, giunte in città per una sosta non prevista nel loro viaggio verso il Nepal, cercano invece di sfruttare l'occasione per divertirsi in una delle capitali notturne del mondo. I quattro si incontrano tra i fasti e il glamour del nightclub Zvezda, e trovano anche il giovane Skylar, l'uomo d'affari svedese che ha imbrogliato Sean e Ben. Il club, però, diventa rapidamente un luogo spaventoso, quando gli alieni invadono la Terra e tutto scivola nell'oscurità.
“Quando il giorno sorgerà, perché sorgerà, l'anima della Francia si
volgerà con comprensione e con gentilezza agli uomini e alle donne
francesi, ovunque siano, che nell'ora più nera non disperarono nella
repubblica”. Il discorso pronunciato dal premier britannico Winston Churchill il 14 luglio 1940, quando la flotta inglese attaccò le forze della
Francia occupata, rimane uno dei più memorabili della Seconda Guerra
Mondiale, e proprio da esso Timur Bekmambetov e Chris Gorak hanno tratto il titolo del loro film, “The Darkest Hour”, tradotto sommariamente in italiano con “L'ora nera”.
Un bellissimo titolo che purtroppo avrebbe potuto essere utilizzato in occasioni migliori. Tagliamo la testa al toro: “L'ora nera”
è un brutto film. Ma di quelli che vanno visti, magari in compagnia dei
vostri migliori amici e di porzioni extra di pop-corn e birra. Esatto, è “so bad it's good”.
Per tante ragioni, ma in primis per via di una sceneggiatura che
rasenta l'imbarazzo e poi lo abbraccia senza remore. Quando un
informatico americano un po' cretino (Emile Hirsch in versione “mi pago il mutuo”), giunto a Mosca per vendere il suo
software e passare una serata a base di coca e prostitute diventa
improvvisamente un esperto scienziato (“Ma certo, gli alieni sentono le
nostre cariche termoelettriche, come gli squali!”) e il carismatico
leader della resistenza umana contro gli invasori, sapete di avere per
le mani qualcosa di speciale. E, se visto nelle giuste circostanze, “L'ora nera” vi farà ridere di gusto delle improbabili svolte di sceneggiatura, dei comportamenti incoerenti
dei personaggi e dei già citati dialoghi che sembrano scritti da un
dodicenne in fissa con la fantascienza apocalittica. E che sono invece
opera di Jon Spaihts, lo stesso sceneggiatore di “Prometheus” di Ridley Scott. Fortuna che è stato riscritto da Damon Lindelof...
Purtroppo, visto in qualsiasi altro modo, “L'ora nera” si rivela per quello che è: un film scritto in fretta, recitato male (e doppiato forse peggio), diretto con piatta professionalità da Chris Gorak e presentato in un 3D è ben fatto, ma francamente inutile. Insomma, il
minimo comune denominatore, la ricetta più facile e veloce per sfornare
un film da dare in pasto al pubblico senza pensarci due volte. Peccato,
perché l'idea degli alieni di energia e lo sfondo di una città come
Mosca promettevano grandi cose. Invece, la capitale russa viene ridotta a semplice cartolina turistica e, nonostante il film sia prodotto da un russo, gli stereotipi sugli
ex-avversari degli americani abbondano. A un certo punto, Hirsch afferma
di sapere della Russia solo quello che ha imparato da “Rocky IV”. Il sospetto è che questa sia la battuta più sincera di tutto il film.
di Marco Triolo