

La kryptonite nella borsa

Ogni famiglia ha i suoi segreti, ma alcuni fanno più ridere di altri. Napoli, 1973. Peppino Sansone (Luigi Catani) ha 9 anni, una famiglia affollata e piuttosto scombinata e un cugino più grande, Gennaro, che si crede Superman. Le giornate di Peppino si dividono tra il mondo folle e colorato dei due giovani zii Titina (Cristiana Capotondi) e Salvatore (Libero De Rienzo), fatto di balli di piazza, feste negli scantinati e collettivi femminili, e la sua casa dove la mamma (Valeria Golino) si è chiusa in un silenzio incomprensibile e il padre (Luca Zingaretti) cerca di distrarlo regalandogli pulcini da trattare come animali da compagnia. Quando però Gennaro muore, la fantasia di Peppino riscrive la realtà e lo riporta in vita, come se il cugino fosse effettivamente il supereroe che diceva di essere. E' grazie a questo amico immaginario, a questo Superman napoletano dai poteri traballanti, che Peppino riesce ad affrontare le vicissitudini della sua famiglia e ad accostarsi al mondo degli adulti.

I primi cinque minuti de “La kryptonite nella borsa” gridano “Il favoloso mondo di Amelie” da ogni fotogramma. L'impressione iniziale è che, sì, la prosa di Ivan Cotroneo sia divertente e piacevole, ma poco originale. Rimaniamo aggrappati al
“divertente e piacevole” e proseguiamo nella visione, sicuri che
“l'originale” arriverà. E arriva.
Lo sceneggiatore di “Mine vaganti” e “Io sono l'amore”
esordisce alla regia con una storia estremamente personale, tratta da
un suo stesso romanzo e ambientata nella Napoli degli anni Settanta, fra
pantaloni a zampa, francobolli acidi, crisi matrimoniali e nuovi amori.
Il tutto visto dagli occhi innocenti di Peppino (Luigi Catani), un ragazzino di neanche dieci anni che vive in una famiglia disfunzionale. I suoi genitori Antonio (Luca Zingaretti) e Rosaria (Valeria Golino)
sembrano una normalissima e felice coppia, ma in realtà lui tradisce
lei. Rosaria cade in un esaurimento nervoso, e Peppino finisce nella
sfera di influenza dei giovani zii hippie (Cristiana Capotondi e Libero De Rienzo). Non bastasse, c'è di mezzo pure un amico immaginario: è Gennaro (Vincenzo Nemolato), il cugino di Peppino che si credeva Superman, ma è morto sotto un autobus.
Cotroneo mette in scena una realtà coloratissima, anche grazie alla variopinta fotografia di Luca Bigazzi. Napoli diventa di per se stessa un trip allucinogeno e un luogo surreale dove si aggirano figure caricaturali e storie più terra terra. Una
distinzione netta tra l'universo visto dagli occhi del bambino, e quindi
fantasioso e puro, e quello degli adulti, in particolare Antonio e
Rosaria, invischiati in una trama di tradimenti e depressione che nella
maggior parte dei casi rimane estranea al bambino. Peppino usa l'amico
immaginario/cugino/supereroe per sfuggire, da una parte, proprio alle
crisi familiari. Ma infine tocca a Gennaro farsi portavoce della morale del film: diversoè bello, e la normalità è un concetto sopravvalutato.
La pellicola diverte e fa pensare, intrattiene con garbo e funziona
molto anche a livello visivo, laddove falliscono molti prodotti
nostrani, sepolti dalla loro piattezza espressiva. “La kryptonite nella borsa”
è invece ricco di invenzioni, e grazie ad esse si fa anche perdonare
per alcuni strati di “ciccia” che avrebbero dovuto essere tagliati per
rendere il tutto più fluido e meno “ameliano” (ad esempio la storia
d'amore di un'amica della madre che non aggiunge nulla al film). Come
opera prima, comunque, è di tutto rispetto, e ora attendiamo con ansia
la prossima prova registica di Cotroneo.