La bellezza del somaro

La bellezza del somaro - Locandina

Durante uno spensierato weekend con gli amici nella casa di campagna in Toscana, Marcello (Sergio Castellitto), e Marina (Laura Morante), sollevati dal fatto che la storia di Rosa con un suo coetaneo, sia finita, si preparano a conoscere il nuovo amore della figlia, ma non sanno ancora cosa (e chi) li aspetta..

VALUTAZIONE FILM.IT
TITOLO ORIGINALE
La bellezza del somaro
GENERE
NAZIONE
Italia
REGIA
CAST
SITO UFFICIALE
DISTRIBUZIONE
Warner Bros
USCITA CINEMA
17/12/2010
ANNO DI DISTRIBUZIONE
2010

Marcello e Marina sono una coppia borghesissima di mezza età. Lui è un architetto vanesio con l'amante giovane e focosa, lei è una psicologa protettiva e ansiosa di perbenismo che fa volontariato e non sa dire di no. La loro figlia, Rosa, è una liceale un po' arrogante e molto insofferente verso gli eccessi permissivi di questa coppia felicemente progressista. Ecco però che le baldanzose licenze dell'educazione moderna che la coppia ha impartito alla ragazzina vanno a farsi benedire quando i genitori, i loro amici falliti con i figli disastrati e i pazienti fuori di testa di Marina si riuniscono nel Chiantishire per un lungo weekend durante il quale Rosa decide di presentare a tutti il suo nuovo fidanzato Armando che ops, piccolo dettaglio, ha settant'anni.

Mentre, senza nessuno scandalo, va in scena la decadenza isterica e struggente di due generazioni annoiate e narcisiste, si capisce che tutto è accettabile tranne una cosa: la vecchiaia.

L'idea orgogliosamente inseguita da Sergio Castellitto e dalla moglie Margaret Mazzantini, che è autrice della sceneggiatura, è quella di un cinema di impianto teatrale che si burla di tutto e tutti nella forma di una speculazione intellettuale sul tema della morte e dei conformismi più segreti. Una commedia grottesca costruita su maschere indecenti, tragiche e mostruose chiamate a misurare le proprie vane convinzioni con il più grande dei misteri. La confezione è però molto compiaciuta e fa deragliare il divertissement brillante in una fastidiosa frenesia snob troppo urlata e a tratti sconcertante per l'accumulo di banalità e ridicoli stereotipi pasticciati insieme a citazioni ostentate (Checov, Bergman, Jung, Nabokov e compagnia cantando).

Il coro di nevrosi risulta caotico, artificiale ed esibito con un coraggio che trasfigura in estenuante presunzione e che spreca tutto in un finale fatalmente sempliciotto. Ed è un peccato perché l'ipotesi di un'alternativa cinematografica ai cinepanettoni era allettante, ma la mela finisce per cadere su quel lastricato di buone intenzioni che conduce all'inferno, mentre la bellezza esaurisce la sua corsa poco più in là del titolo.

di Ludovica Sanfelice