

I baci mai dati

Manuela, una tredicenne cresciuta in fretta, che vive nel sobborgo di una grande città del sud Italia, Librino. Un giorno, per noia e per gioco, s'inventa di poter fare miracoli. Viene creduta e da quel momento irrompe nella sua vita un'umanità affamata e bisognosa che le chiede di tutto: dal posto di lavoro perduto alla vittoria del campionato di calcio. Sua madre, Rita, ex Miss del quartiere si accorge di poterne fare un business. Questo stravolge gli equilibri del microcosmo in cui si muovono i personaggi della vicenda che si troveranno coinvolti in un disegno più grande di loro. Fino a quando quello che sembra un evento straordinario e inspiegabile accadrà sul serio.

Vista l'impostazione estetica fortemente connotata che da sempre Roberta Torre regala al suo cinema, lei in maniera molto maggiore di molti altri
cineasti ha bisogno che le sue sceneggiature siano calibrate a puntino, e
possano quindi supportare uno stile di messa in scena altrimenti sempre
a rischio di manierismo.
Questo suo ultimo “I baci mai dati”
, che ha ufficialmente aperto la sezione Controcampo Italiano a questa
Mostra del Cinema , purtroppo non possiede tale requisito, e fin da
subito si presenta come un lungometraggio che sembra possedere degli
spunti di interesse che poi purtroppo non trasforma mai in veri momenti
di buon cinema. Visivamente il film possiede una certa audacia nel
mescolare con irriverenza realismo di fondo con momenti derivanti
esplicitamente dal cinema di Almodovar.
La Torre appare aver ben presente che tipo di estetica dare alla sua
storia di miracoli, adolescenti scettiche e famiglie disastrate. A non
reggere fin da subito arriva una sceneggiatura approssimativa,
sconclusionata, che suggerisce ma non spiega cosa sta esattamente
succedendo alla storia o alla vita interiore dei personaggi. In questo
modo tute le suggestioni che il film poteva proporre si perdono nella
confusione narrativa e nel blando sviluppo della storia.
Nel marasma generale anche i toni, una volta leggeri a poi
improvvisamente melodrammatici, non sono equilibrati con la dovuta
misura. Anche gli attori, incastrati in personaggi delineati a fatica,
non esprimono certo il meglio delle loro doti: soprattutto la sempre
efficace Donatella Finocchiaro si perde in una figura di madre sguaiata e cialtrona che non esce mai dallo stereotipo.
Il tentativo di rendere “I baci non dati”
un film originale ed estroverso da parte della sua regista fallisce
purtroppo a causa soprattutto di una sceneggiatura incapace di costruire
una storia ben ritmata e drammaturgicamente efficace.
Roberta Torre costruisce in questo modo un prodotto che soltanto in pochissimi momenti
riesce a stimolare lo spettatore, regalandogli invece una storia
incoerente che spesso cade nella retorica. Ci aspettiamo dalla cineasta
milanese un tipo di cinema maggiormente ficcante e preciso , come ad
esempio era stato il suo precedente, bello “Angela”.