

Hesher è stato qui!

T.J. ha tredici anni e vive con suo padre; nessuno dei due, però, ha ancora superato il dolore per la perdita della mamma, morta in un incidente stradale. Le cose iniziano a cambiare quando il ragazzo fa amicizia con Hesher, un ventenne ribelle e affascinante che gli farà sia da mentore che da tormentatore.

Di cattivi maestri il cinema è pieno, ma quello di “Hesher è stato qui!” entra senza indugio nella storia della settima arte. Joseph Gordon-Levitt, in stato di grazia, interpreta un anti-eroe sporco, cattivo, coi capelli lunghi e una serie di orrendi tatuaggi fai-da-te,
che ascolta i Metallica e viaggia a bordo di uno scassatissimo furgone
nero dagli interni affumicati. Una compilation di tratti che alza il
dito medio (come quello che Hesher ha tatuato sulla schiena) al politically correct, con i suoi lunghi discorsi su sesso, droga e funzioni corporali.
Presentato al Sundance nel 2010, l'esordio alla regia di Spencer Susser, scritto dal regista insieme all'autore di “Animal Kingdom” David Michod, “Hesher” ha tutte le caratteristiche del film da Sundance: produzione indie,
storia ambientata nei sobborghi, dramma misto a commedia, male di
vivere che diventa spunto di riflessione e allo stesso tempo risorsa per
far divertire il pubblico. Ma in qualche modo, il film cerca di scardinare la routine del film indipendente americano,
a partire da una colonna sonora che si fa beffe dell'indie rock che
pervade questo genere di film e sfoggia classici metal dai già citati
Metallica ai Motorhead.
La storia ruota intorno a T.J. (Devin Brochu), un ragazzino che ha da poco perso la madre in un tragico incidente d'auto, e vive con la nonna e un padre (il Rainn Wilson di “Super”,
abbonato a ruoli da loser) in preda alla più nera depressione. T.J. è
costretto a cavarsela da solo in un mondo ostile, dove i bulli lo
perseguitano e dove la sua unica amica è la cassiera di un supermercato (Natalie Portman)
di cui è segretamente innamorato. Ma all'improvviso nella sua vita
piomba Hesher, che gli insegna a difendersi e a prendere il controllo
della sua esistenza.
“Hesher è stato qui!” si inserisce nella vena dei racconti di formazione con gusto iconoclasta e una cattiveria di fondo che non guasta mai.
Ma quando c'è da toccare le corde più sensibili del lutto famigliare e
della perdita, Susser dimostra una delicatezza che commuove senza
contare su parole sdolcinate o canzoncine malinconiche, ma solo sulla
forza di una regia e di una scrittura intelligente, capaci di delineare
con pochi tocchi le personalità dei protagonisti. Anche quella di
Hesher, che da vagabondo un po' pericoloso si evolve via via in angelo
custode che ne ha viste di tutti i colori ma non ha mai perso la sua
umanità e il buon cuore, anche se ha un modo davvero bizzarro per
dimostrarlo. Susser non scioglie mai il dubbio se Hesher esista davvero o sia solo un amico immaginario,
un parto della fantasia di un ragazzino incapace di lasciar andare il
ricordo della madre. Ma in fondo è meglio così: sta al pubblico
decidere, e qualunque sia la lettura il racconto regge pienamente.
di Marco Triolo