Hereafter
Scritto da Peter Morgan (autore anche di The Queen e Frost/Nixon) il film racconta la storia di tre persone: un operaio americano, una giornalista francese e un giovane studente di Londra. Ognuno di loro sarà toccato dalla morte in maniera diversa.
Era proprio ora che il grande Clint Eastwood dicesse la sua anche sui temi ultraterreni e per farlo ha deciso di tornare a collaborare con Steven Spielberg e con lo sceneggiatore Peter Morgan, una delle penne più quotate del cinema contemporaneo. Presentato in anteprima europea al Torino Film Festival, “Hereafter”
è una pellicola in cui la macchina da presa del regista sceglie di
avventurarsi nell'aldilà, senza mai smarrirsi e conducendo lo spettatore
in un viaggio che si snoda verso la luce.
Eastwood racconta del destino che avvicina tre personaggi le cui vite
sono state colpite dalla tragedia: dalla giornalista francese
sopravvissuta per miracolo a uno tsunami, al bambino di Londra che perde
il fratello gemello in seguito a un incidente, al sensitivo di San
Francisco capace di mettere in contatto i vivi con i loro cari perduti,
quella che lui stesso definisce più una maledizione che un dono.
I vivi con i vivi, i morti con i morti, dovrebbe essere così, ma in “Hereafter”
più ci si avvicina all'aldilà, più si comprende meglio l'importanza di
questa nostra fragile esistenza. Ed Eastwood realizza un toccante
melodramma paranormale, messo in scena con la solita naturalezza e il
suo tocco classico: il regista orchestra una serie di emozioni pure,
riuscendo a provocare le lacrime prima che cali il sipario. Il sempre
più bravo Matt Damon non è mai stato così tanto sofferente nei panni di un uomo che ha
dedicato la sua vita ai morti e che per questo ha finito per pagarne il
prezzo e ritrovarsi da solo. E, nel raccontare le altre due storie, il
regista riesce anche a inglobare alcune delle vere tragedie del
ventunesimo secolo come lo Tsunami o i bombardamenti alla metro di
Londra. Per una volta Eastwood apre il film con una massiccia dose di
effetti speciali e, sebbene visivamente il risultato non sia sempre
impeccabile, alcune delle prospettive subacquee di quella prima sequenza
sono davvero di grande impatto.
E il regista chiude la sua nuova opera in un culmine di poesia con una
bellissima immagine finale musicata dalle sue note, tanto malinconiche
quanto pacifiche. Uno dei film più intimi di Eastwood in cui non c'è
nessuno che impugna un fucile, lancia una palla da rugby o indossa i
guantoni, ma tutti i personaggi, a poco a poco, confrontano se stessi e
le loro paure per tornare a riabbracciare la vita. Un'altra standing
ovation per il maestro Clint.