Final Destination 5
In questo quinto episodio, la morte è onnipresente come sempre e si scatena dopo la premonizione di un uomo capace di salvare un gruppo di colleghi dal terribile crollo di un ponte. Ma questo gruppo di anime ignare non sarebbe mai dovuto sopravvivere e, in una corsa terrificante contro il tempo, lo sfortunato gruppo di persone cercherà freneticamente di scoprire un modo per sfuggire alla sinistra agenda della Morte.
Scampati al crollo di un ponte grazie alla “visione” del giovane Sam (Nicholas D'Agosto),
un gruppo di ragazzi si trova a dover fronteggiare ancora una volta la
Morte, che non ama essere ingannata. Uno a uno i sopravvissuti alla
catastrofe cominceranno a morire nei modi più strani e accidentali. A
tentare di fermare la catena di tragici e ineluttabili incidenti proprio
Sam, desideroso più di tutto di mettere in salvo la sua amata Molly (Emma Bell).
Una volta messo in moto il solito funzionale meccanismo narrativo che ha retto tutti i film della serie, anche “Final Destination 5” non si discosta di molto da quanto proposto in precedenza dagli altri capitoli. In più l'esordio alla regia di Steven Quale risente di quello che in questi ultimi anni oseremmo chiamare “Effetto Saw”:
un surplus di gore e truculenza che nell'originale erano stati
accantonati in favore della tensione e di una sana inventiva. Ormai
conta più godersi lo splatter e assistere a come cadranno le vittime
designate piuttosto che un adeguato crescendo drammatico: in questo modo
la sceneggiatura viene ridotta a una serie di scene tra loro quasi non
concatenate, che propongono sequenze ad effetto, magari anche divertenti
per gli appassionati del genere, ma che messe insieme non costruiscono
una storia. E come infatti succede, la trama che funge da collante per gli avvenimenti di “Final Destination 5” è eccessivamente pretestuosa soprattutto nella parte centrale. Comunque, appare sempre più scontato
che l'horror debba essere aggiornato ai gusti e alla moda del momento, i
quali esigono sangue e violenza notevolmente più esplicite di qualche
tempo fa.
Precisato dunque che anche questo film ripropone un tipo di produzione e
di cinema già ampiamente visti nei precedenti, c'è anche da dire che alcune soluzioni visive sono però piuttosto riuscite: prima di tutto i bei titoli di testa, virilmente sottolineati dalla musica vibrante dello specialista in film adrenalinici Bryan Tyler.
Anche la prima sequenza del crollo del ponte ha un impatto visivo
decisamente forte, anche se in un paio di momenti sfocia nell'abuso di
effettacci sanguinolenti. Dopo la serie di morti che decima il gruppo di
giovani protagonisti – tra cui segnaliamo la “nuova stellina”
dell'horror Emma Bell, già vista in “Frozen”
– anche il finale è sorprendente seppur pieno di incongruenze, e chiude
in crescendo un film creato e confezionato secondo le regole codificate
del franchise. All'interno di un prodotto quindi poco innovativo si possono comunque scorgere dei guizzi di discreto cinema, che però non comunicano mai la voglia di rischiare veramente rinfrescando le idee (ab)usate in precedenza.