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Uno spagnolo estremamente cult

Intervista ad Alejandro Amenabàr, il regista che a soli 29 anni e con tre film sulle spalle ha sfondato la porta principale di Hollywood.

Festival Venezia

12.04.2007 - Autore: Leonardo Godano
Amenabàr a soli 29 anni è diventato già un regista cult in America tanto che Nicole Kidman un giorno gli disse, via telefono, che aveva letto la sceneggiatura di “The others” e voleva la parte.
La voce spagnola non tremò ne esultò, rispose, con la sua inconfondibile calma, che era lusingato ma aveva bisogno di tre ore per risponderle.

“Dovevo riflettere se Nicole poteva andar bene per il ruolo di Grace. Tutta la storia era già nella mia testa e non volevo stravolgere il personaggio nè tantomeno la sceneggiatura.

Vuol dire che quando da Los Angeles l'ha chiamata la star più in voga del momento, lei a fine telefonata non si è messo ad urlare sotto la doccia?

“Onestamente no. L’unica mia svolta cinematografica è stata quando un produttore, visto il mio cortometraggio “La cabeza”, mi disse che mi avrebbe fatto fare un film. In quel momento lasciavo l’università dove venivo continuamente bocciato agli esami per giocarmi una fetta della mia vita.”

Com’è nata l’idea di “The others”, a cosa ti sei ispirato?

"Volevo raccontare una storia gotica. Una vicenda d’atmosfera con risvolti sovrannaturali. E così ho iniziato a leggere e ho scoperto che molti libri di fine 800 toccavano ampiamente questo argomento. L'ambientazione e l'intreccio di "Giro di vite" di Henry James forse sono state le fonti che più mi hanno ispirato.
Il mio intento era quello di creare un film che stimolasse l’immaginazione dello spettatore durante la proiezione. Questo per me è l’essenza della paura. Quindi ho cercato nello script e poi nelle riprese di creare sempre un senso di ambiguità che permettesse allo spettatore di vivere l’incubo insieme ai protagonisti.
Vorrei tanto che lo spettatore tornasse a vedere un film, non per presunzione, ma per capire meglio quello che io volevo trasmettere nella narrazione filmica."

Sembrerebbe da i suoi primi tre film ("Tesis", "Apri gli occhi") che lei ha avuto un infanzia tormentata e piena di incubi.

(sorridendo) "Ho avuto un’infanzia normale. Forse ricca d’immaginazione. Certo devo ammettere che quando avevo 5 anni la mia testa era dominata dalle paure, paura del buio, delle porte aperte, degli armadi che potevano nascondere qualcosa. E io volevo descrivere quel qualcosa che è alla base della paura e che scatena le ossessioni all’interno della coscienza collettiva."

Lei è un po’ come Carpenter, scrive, dirige e compone la musica dei suoi film. Ci può dire con che ordine rispetto alla sceneggiatura e al montaggio crea la musica?

"Mentre scrivo le sceneggiatura, butto giù anche qualche suono prodotto sul pc per ricreare quel tipo di musica classica che vorrei come colonna sonora. Ogni volta dico alla produzione e ai miei assistenti che non comporrò io la musica del film, ma finisco puntualmente per complicarmi la vita all’inizio del montaggio dicendo che le musiche le farò."

Stavo salutando Amenabàr quando si avvicina a noi Fionnula Flanagan (coprotagonista del film) che stende un elogio del giovane regista spagnolo.

“E’ stato il set dove mi sono trovata meglio. C’era un' aria magica, misteriosa, dominava il silenzio, tutti eravamo nelle mani di Alejandro. Lui ci proteggeva e noi liberi da ogni paura abbiamo recitato. Pochi registi sanno creare questa atmosfera e Alejandro sa come farlo”.

Sempre più sorridente e compiaciuto, lo spagnolo che ha sfondato le porte di Hollywood è cosciente che tutto ora gli è permesso e che neanche l’incubo più grande lo può far più tremare.
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