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Tomas Alfredson, dai vampiri alle spy story

Abbiamo incontrato a New York il regista de La talpa

La talpa - Gary Oldman

05.12.2011 - Autore: Adriano Ercolani, da New York
“Volevo ricreare l’atmosfera di quei gialli che vedevo in TV da bambino con mio padre, che mi diceva di stare zitto e seguire la storia oppure andarmene. Io allora mi mettevo accanto a lui sul divano in silenzio, e comunque non ci capivo niente lo stesso!”. Tomas Alfredson, regista de “La talpa” – in originale il più affascinante “Tinker, Tailor, Soldier, Spy” – appare da subito disposto a parlare del suo lavoro con ironia, in maniera rilassata. E’ venuto nel Queens a presentare il suo film, più precisamente nell’affascinante cornice del Museum of the Moving Image. Fin dalle prime battute si capisce che è molto orgoglioso del suo nuovo lavoro.

Tomas Alfredson sul set de La talpa

Come è arrivato a dirigere questa spy-story dal cast all British ma dal richiamo internazionale?
Molto è dovuto al successo di “Lasciami entrare”, il mio film precedente, che è stato visto e venduto in tutto il mondo. Mi sono arrivate in un baleno decine di offerte che mi hanno spaesato, anzi proprio spaventato. Una di queste è venuta dalla Working Title, che deteneva i diritti del libro di John Le Carré, una storia complessa, una specie di bellissimo cruciverba. Io non lo vedo tanto come un thriller quanto un film sulla lealtà e le cose che devi sacrificare per rimanere fedele a una causa e alle persone che la condividono con te.

Ha collaborato con lo scrittore alla sceneggiatura?
In realtà è stato molto più coinvolto in fase di riprese per dei consigli che nella creazione della storia. Ci siamo visti prima di cominciare a scrivere il film è mi ha dato un ottimo consiglio: non rifare il libro, che c’è già ed è buono. Prendilo e tirane fuori qualcosa di nuovo, è l’approccio migliore. I due sceneggiatori, Peter Straughan e Bridget O’Connor, hanno fatto un lavoro magnifico, e credo sia stato fondamentale anche avere una donna come scrittrice, ha dato a un mondo quasi del tutto maschile un animo più profondo e fatto di emozioni. Del libro infatti a me interessava in particolar modo evidenziare lo scarto, la vita interiore dei personaggi e quella esteriore, un lavoro in cui dovevano dissimulare ed essere sempre freddi. Penso che ci siamo riusciti in pieno.

Colin Firth in La talpa

Ci sono state difficoltà durante le riprese?
Vuoi dire a parte la mia paura (sorride)? A parte gli scherzi,  ero molto nervoso la prima volta che abbiamo girato con tutti questi grandi attori, la scena nella sala riunioni in cui si confrontano. Passato quello, tutto è andato liscio.  Abbiamo trovato un complesso militare in una zona di Londra molto vecchia, e li abbiamo costruito quasi tutti i nostri set. L’età degli edifici ha contribuito notevolmente all’atmosfera del film, oltre ovviamente al lavoro di scenografia. Poi con il direttore della fotografia abbiamo deciso di adoperare molto fumo per gli interni, in modo da dare alle immagini la giusta densità.

Si è ispirato a qualche spy-story del passato per "La talpa"?
No, non direi. Più ad alcuni dipinti e all’atmosfera di alcuni brani musicali.

Come ha costruito il personaggio di Smiley insieme a Gary Oldman?
Avevo già in mente il look del protagonista. Anche se l’ambientazione sono i primi anni ’70 lui è un uomo già vicino all’essere anziano, quindi i suoi vestiti vengono più dagli anni ’50. C’è voluto molto per trovare l’attore giusto, siamo stati più di sei mesi a pensare chi potesse interpretare Smiley. Volevo un interprete che avesse la classe e la freddezza di Sir Alec Guinness. Poi qualcuno ha fatto il nome di Gary è tutto si è chiarito immediatamente, ho capito subito che era perfetto. Con lui abbiamo finito di sistemare l’estetica del personaggio, come ad esempio i suoi occhiali. Ma non soltanto Oldman è stato una scelta azzeccata, tutto il cast. Scegliere gli attori giusti è fare già il 70% del lavoro!

I protagonisti de La talpa sul red carpet di Venezia
Che tipo di messa in scena ha scelto per realizzare il film?
Essendo una storia di spie ho scelto inquadrature e riprese sempre molto lontane, con lenti molto forti. Volevo che la macchina da presa in qualche modo fosse un voyeur, una terza persona che spia i personaggi: in questo modo si sarebbe dilatata la tensione di quello che succedeva nel film. Per quanto riguarda il lavoro con gli interpreti, abbiamo discusso molto dei ruoli prima di iniziare le riprese e pochissimo mentre giravamo. Io sono uno di quei registi che predilige un set calmo e produttivo. Non credo nel regista che inventa in fase di realizzazione come fosse un genio, credo nel lavoro ben pianificato e poi fatto con cura.  Sono un cineasta che si definisce concreto.

L’ultima domanda è d’obbligo: girerà anche gli altri due romanzi con protagonista George Smiley?
Con la Working Title ci stiamo pensando, aspettiamo che i tempi siano giusti. In realtà si potrebbe prendere i due libri e farne una sola sceneggiatura, questa è l’idea che stiamo portando avanti.


La talpa”, in uscita il 20 gennaio, è distribuito da Medusa.

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