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State of Play: faccia a faccia col regista

Dopo aver diretto "Touching the Void" e "L'ultimo Re di Scozia", il 41enne Kevin Macdonald riceve definitivamente il suo battesimo hollywoodiano con un thriller giornalistico interpretato da Russell Crowe e Ben Affleck. Lo abbiamo incontrato.

Poster State of Play

29.04.2009 - Autore: Pierpaolo Festa
Abbiamo girato questa storia un anno fa,  sapendo che nel 2009 ci sarebbe stato uno scenario politico modificato” – a parlare è Kevin Macdonald, scozzese che riceve la definitiva consacrazione degli Studios con la regia del thriller giornalistico “State of Play”. Protagonista del film è Russell Crowe nei panni del cronista Cal McAffrey: la sua indagine su un omicidio lo porterà a scavare a fondo verso una verità che non avrebbe mai voluto conoscere. Nel bel mezzo di un complotto di Stato, cercherà in ogni modo di aiutare il suo amico Stephen Collins (Ben Affleck), deputato al Congresso, che rischia un’accusa di omicidio.



I temi principali del film sono due – ci racconta Macdonald - la crisi del giornalismo negli Usa e nel mondo e la privatizzazione del settore militare e dell’intelligence. Mi interessava fare un’analisi di come i giornalisti sono percepiti dal grande pubblico. Negli anni ’70 erano percepiti come eroi, oggi siamo tornati agli anni ’30… e la gente li vede come sciacalli alla costante caccia dello scoop A proposito del secondo tema, invece, penso che sia davvero preoccupante il fatto che i ruoli che venivano svolti per un vero senso di patriottismo, vengano adesso privatizzati e si trasformino in business”.



La pellicola, basata su una celebre serie televisiva della BBC girata nel 2003, doveva inizialmente essere interpretata da Brad Pitt. Alla fine, la star ha mollato il progetto per divergenze creative: “Brad voleva qualcosa di più fedele alla serie televisiva – continua il regista - Lo script originale che gli piaceva era quello di un film di 3 ore che era esattamente la riduzione della serie. Io volevo una storia più semplice, ma con personaggi forti e complessi. E volevo che parlasse davvero di qualcosa, Brad non era interessato a queste cose”.



Realizzare “State of Play” non è stato facile, soprattutto quando una star del calibro di Pitt ha mollato il progetto a pochissime settimane dall’inizio delle riprese: “Anche mettere insieme la storia è stata una vera impresa – confessa Macdonald - La Universal mi ha inviato il copione di Matthew Michael Carnahan, che era quello che piaceva a Pitt. Ho lavorato con lui per revisionare il copione e successivamente ho anche chiamato Tony Gilroy. Dopo due mesi Tony doveva cominciare le riprese di 'Duplicity' e allora ho chiamato Billy Ray con il quale ci siamo concentrati soprattutto sulla crisi della carta stampata e l’ascesa del giornalismo su internet. Alla fine, come se non bastasse, è arrivato lo sciopero degli sceneggiatori e ho dovuto fare tutto io!”.



E l’approccio finale del regista è stato proprio quello di allontanarsi dalla serie originale: “All’inizio pensavo che la sfida fosse quella di trasformare un materiale da sei ore in un film da due ore… questo non funzionava. È così che non ho più guardato la serie Tv. Il mio scopo era quello di enfatizzare il protagonista anche perché il pubblico potesse identificarsi ad un personaggio a tutto tondo. Nel nostro film il protagonista si sente colpevole verso il personaggio di Ben Affleck che è stato il suo migliore amico. E, per la prima volta nella sua storia professionale, è disposto a tralasciare i fatti: questo personaggio è umano e abbandona la sua etica di giornalista… arriva perfino alle minacce per proteggere l’amico”.



A rimpiazzare Pitt (e salvare il progetto) è arrivato Russell Crowe: “Russell ha dato vita ad un personaggio che vive in un mondo che non sembra più rispettare i giornalisti. La scrivania del suo ufficio è davvero un casino, il suo appartamento è costantemente in disordine e lui stesso ha un look trasandato… rispecchia il periodo di profonda crisi”. Ed è stato proprio l’attore a dichiarare più volte che, a differenza di “Tutti gli uomini del Presidente”, i protagonisti di “State of Play” sono più umani e meno eroici: “Oggigiorno i giornali vengono soffocati su tutti i fronti - ha concluso Macdonald - Le notizie vengono seguite sempre di più in rete e gli sponsor sono più propensi ad investire su internet che sulla carta stampata. Per me il buon giornalismo online non è impossibile, ma c’è già chi pensa che quelli che verranno saranno gli anni d’oro per i politici corrotti… perché non ci saranno più i veri giornalisti che li tengono d’occhio”.

Vi ricordiamo che “State of Play” arriverà sugli schermi dal 30 aprile.

Per saperne di più:
Guardate il trailer del film
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