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Mine, la parola ai registi: "Il nostro film nasce dall'amore per Matrix e il cinema di Nolan"

Fabio Guaglione e Fabio Resinaro ci raccontano i dietro le quinte dal loro war-movie psicologico

08.10.2016 - Autore: Pierpaolo Festa (Nexta)
"Fabio e Fabio" è la sigla con cui si firmano Fabio Guaglione e Fabio Resinaro, il duo di registi italiani che questa settimana, con l'uscita nei cinema di Mine, vivono il loro battesimo del fuoco sul grande schermo. Quella sigla ci suggerisce che i due girano insieme da tanto, da quando erano ragazzini. Una storia simile alle tante storie che sentiamo raccontare da celebri autori americani cresciuti girando film in Super 8 nel giardino della loro casa (J.J. Abrams è stato uno di questi). La nostra intuizione viene confermata dagli stessi registi: "Eravamo al liceo quando abbiamo visto Matrix al cinema. Usciti dalla sala avevamo capito cosa fare: dovevamo girare subito un cortometraggio. Abbiamo iniziato così, facendo cortometraggi in casa". 


 
All'epoca si poteva ancora andare al cinema con pochissime informazioni sul film che avremmo visto: internet non era ancora esploso e gli spoiler erano sempre al minimo. Quindici anni dopo, Fabio e Fabio ricreano quell'atmosfera di mistero che avvolge questo loro primo progetto basato su un concept molto semplice: "Soldato immobile e intrappolato su una mina". I registi prendono questo concept e lo espandono accedendo - senza mai forzare la mano - a percorsi narrativi mai scontati e visivamente sorprendenti. "Usiamo il genere come linguaggio attraverso il quale vogliamo dire alcune cose. Quello che diciamo, invece, ha un linguaggio più europeo. Abbiamo preso tutte le passioni della nostra infanzia: il cinema pop-americano degli anni Ottanta e gli anime giapponesi e li abbiamo mescolati con i lavori degli autori più recenti verso cui abbiamo uno sguardo più conscio". Di chi stanno parlando? A quel punto arriva la risposta all'unisono: "Di Christopher Nolan e del suo modo di giocare con il montaggio come ha fatto con Memento. Questa è stata la nostra matrice per Mine". 

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Il fattore sorpresa è una delle armi segrete di Mine che si apre con un protagonista che ha il volto del tipico eroe americano, Armie Hammer, un soldato che però fallisce immediatamente la sua missione. Non solo decide di non eseguire gli ordini ma commette anche qualche errore sul campo di battaglia... 
Tutto il film nasce dal fatto che lui decide di non sparare all'inizio della storia. Era un elemento importante per costruire il dramma di questo personaggio. Non c'è niente di meglio del ruolo del soldato per simboleggiare la propria vitalità non espressa. Deve ubbidire agli ordini e basta. Questo è stato un  bel punto di controversia con i produttori americani, perché è difficile far digerire loro che un marine non spari al terrorista. Abbiamo aggiunto dettagli narrativi in quella scena: ci sono diverse ragioni per cui non spara e preferisce seguire i suoi principi. 

Come siete arrivati ad Armie Hammer per il ruolo del protagonista?  
Siamo andati a Los Angeles e abbiamo incontrato diversi attori, Hammer ci è stato proposto e all'inizio eravamo titubanti su di lui: era quello di The Social Network e The Lone Ranger, un tipo belloccio, brillante e con un sorriso smagliante. Noi invece cercavamo un attore che desse vita a un personaggio tormentato. E' stato lui a sorprenderci quando lo abbiamo incontrato, perché era preparatissimo. Aveva letto la sceneggiatura e ci ha fatto capire che sarebbe stato una scelta non scontata per il ruolo. 


Mine è uno "one-man-show" girato tutto sullo stesso set con un personaggio presente in ogni scena e costretto a muoversi poco per la maggior parte del film. Quanto avete fatto "soffrire" Hammer sul set e lo avete messo a dura prova?
Non era affatto un problema per lui, anzi si è divertito tanto. Diciamo che anche Armie ha vissuto questa esperienza come un viaggio simile a quello del suo personaggio: è venuto in Europa, lontano da casa, lontano dalla moglie, per girare questo film circondato da una troupe straniera. Ha accettato di fare tutto. Ha interpretato una serie di momenti molto intensi da un punto di vista fisico ma anche drammatico. E bisogna dire che alla fine della giornata restava sul set e ci aiutava a smontare le attrezzature. 

Il film mi ha ricordato molto il bellissimo Locke con Tom Hardy, un altro "one man show". Quello è stato girato in ordine cronologico nell'arco di una settimana. Anche voi avete avete girato allo stesso modo?
Assolutamente no. E' stato un processo complicatissimo dove la continuità si è rivelata una difficoltà in più. Questo perché non c'era un cambio di scena: abbiamo girato tutto su un unico set. E avevamo diversi "strati" del personaggio principale: diversi livelli della sua uniforme, più sporca o meno sporca a seconda del momento del film che giravamo. La stessa cosa vale per il suo trucco con le ferite che piano piano riporta nel film. Tenere traccia di tutto questo è stato un incubo logistico... alla fine il nostro segretario di edizione era come impazzito! (sorridono)

Quanto avete girato in Spagna?
Cinque settimane, la missione era portare a casa più materiale possibile e tantissime inquadrature. Abbiamo scelto di risolvere tanti problemi in post-produzione. La prima versione del film durava due ore e mezza, siamo scesi a centosei minuti, ma non abbiamo tagliato scene fondamentali. Abbiamo per lo più accorciato diverse sequenze. 


Da una parte le difficoltà sul set, dall'altra quelle narrative che un film del genere comporta...
La cosa più difficile era riuscire a raccontare il passato del personaggio senza far dimenticare la tensione del contingente. Detto questo non abbiamo voluto fare quei soliti flashback forzati, tipo "deus ex machina". L'obiettivo era invece riuscire a mostrare quello che accade nella mente del nostro Mike. Il film è il viaggio di questo personaggio: Mine non è un trucco, non è una serie di contingenti usati come stratagemmi per mantenere alta la tensione. Ci siamo mossi per raccontare un qualcosa  in cui chiunque si potesse rivedere.

Il film esce prima in Italia. Quando lo vedranno negli USA?
Nel primo semestre del 2017 e ovviamente per gli americani sarà un film d'essai, abbiamo scelto di non fare totalmente un war-movie e il produttore americano ha sposato questa nostra scelta. In paesi come Italia e Spagna viene venduto in maniera molto massiccia, in America avremo una première prestigiosa. A partire dalla primavera 2017 arriverà nel resto del mondo: non vediamo l'ora di capire in quanti paesi uscirà e come sarà accolto. 

L'ultima domanda è quella tradizionale: torniamo alle vostre passioni, qual era il poster che avevate in camera da ragazzini?
Risponde Resinaro: I tre dell'operazione drago con Bruce Lee. 
Guaglione: Io avevo la camera tappezzata di poster: c'erano gli eroi Marvel, c'era X-Files e anche i Cavalieri dello zodiaco!

Mine è distribuito nei cinema da Eagle Pictures.