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La vita è un miracolo

Indifferente alle critiche per il mancato schieramento rispetto al conflitto balcanico, Kusturica ci presenta il suo film "più difficile e duro", dedicato all'amore per la vita

La vita è un miracolo

12.04.2007 - Autore: Michela Saputi
1992, Bosnia, e un insolito clan sperduto nel nulla. Luka, ingegnere serbo, è incaricato di presidiare una stazione montana della futura linea ferroviaria, che collegherà la Bosnia e la Serbia. Lo seguono, un po’ scettici, il figlio Milos, che sogna di fare il calciatore, e la moglie, Jadranka, ex cantante lirica soggetta ad attacchi di isteria e strascichi di vanagloria.Luka persegue il suo obiettivo fiducioso e cieco, arroccato nel suo microcosmo a 1000 m d’altezza sulla realtà, e non si accorge che il suo treno non aprirà nuove strade al commercio, al turismo, al progresso. Piuttosto alla più folle scelleratezza umana.Sullo sfondo ancora la guerra, e ancora priva di ragioni o torti, o di utili ideologie. Indifferente alle critiche, Kusturica resta fedele al suo spartito surreale, grottesco, delirante, orchestra la violenza del caos e la dissemina di poesia.La guerra arriva e capovolge ogni ordine, frantuma ogni certezza: Milos è fatto prigioniero, Jadranka fugge con un musicista ungherese. E Luka resta solo, mentre tutto intorno trema, salta in aria il suo controllo sulla situazione.Ma è proprio quando  tutto viene messo in discussione che si manifesta l’ intensità di ogni momento, di ogni opportunità che ci sfiora e ci invita ad entrare in un altro mondo.Così in una notte di bombardamenti Luka riceve in consegna Sabaha, una prigioniera musulmana da barattare con Milos. Ma è l’incontro con l’amore, che sa sorprenderti e ridestarti dal torpore, e ti spinge ad abbattere le barriere.E la sorpresa più grande è per noi: abbandonata la coralità de Il tempo dei gitani, o Underground, Kusturica ci presenta un film intimista, che parla d’amore e catapulta Romeo nel contesto balcanico, tra un popolo, la sua lingua, la sua musica, che ci ha insegnato a soffrire. “Morire è facile, il difficile è vivere”, questo è quel che Luka si sente dire quando cerca  risolvere il problema fuggendo.Meglio allora lasciarsi andare, magari imparando da un asino, e seguire l’ architettura invisibile, quel “sentimento sconosciuto che proviene dall’interazione, dalla reazione tra persone varie e eventi”, che fa incontrare e poi perdersi, piangere e “sentire”.  Velocità e sensazioni, che  si uniscono nella luce. Questo noi siamo. Ed il sapore dolceamaro di un ottimismo che sa come anche tra le macerie di un mondo sgretolato dalla violenza e dall’avidità, il miracolo della vita resiste in quella energia che è in ognuno di noi, nella nostra natura. La forza di una personale utopia, che può salvare il nostro futuro.
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