Agile nella forma narrativa tanto
quanto in quella estetica e altrettanto facile a cambi di tono nel passaggio da
un primo atto fortemente sciolto nel filmaking contemporaneo, un secondo
solidificato nella vivacità del fumetto da superheroe e un epilogo sentimentale
addirittura intarsiato di mélo, Hanckock è il tipo di film che avrebbe creato
seri problemi ad un compositore hollywoodiano di rigide vedute. Compito
tutt’altro che ostico, invece, per un professionista come John Powell, ancora
tra le “star” maggiormente richieste del nuovo firmamento cinemusicale
mainstream, formatosi tra gli influssi musicali più disparati e abituato quindi
ad un plasticità d’intervento sempre confacente. Non bastasse, Powell, grazie
ad una personalità estrosa, una scrittura di forte impatto e un piglio
decisamente moderno, ha definito alcune delle stilistiche dominati dell’odierno
trend di composizione all’avanguardia: in una parola, l’appeal cool su cui il
commento cinematografico del nuovo millennio ha investito alacremente in vista
di una sicura presa sul target giovanile. Ecco perché l’antieroe un po’ ingenuo
un po’maudit ritratto con efficacia da Will Smith, prima rozzo poi
reinvestito della giusta dignità di salvatore cittadino dotato di superpoteri,
non poteva aspirare a controparte musicale migliore.
Nel raccontarlo su
partitura, Powell non ha lesinato alcuno dei suoi variegati stilemi, partendo
da una confacente miscela di jazz e blues (con organo in bell’evidenza) che
sintetizza lo spirito iniziale del personaggio; un registro nel quale trova
debita collocazione anche l’idea più fresca dello score: l’utilizzo naïf dello
schioccar di dita (“Meatballs?”). L’esperienza già maturata dal compositore nei
territori fumettistici con il terzo capitolo degli X-Men garantisce poi il
perfetto sound di genere quando Hancock ritrova la sua identità e si fascia in
un costume aderente alla sua missione (“To War”), frangente in cui Powell ha
modo di sbrigliare la sua tipica agilità orchestrale – particolarmente
distintivi i movimenti funambolici degli archi. Infine, l’elemento
tradizionalmente sinfonico guadagna campo e s’impone in una conclusione di
trionfante consacrazione del protagonista (“The Moon and the Superhero”),
epilogo di uno spartito in cui il musicista ancora una volta ha modo di
dimostrarsi “fenomeno” non solo in termini di look e di apparenza ma anche di
contenuto: si veda l’iniziale “SUV Chase” – purtroppo pesantemente sacrificata
nel mix finale – esempio mirabile di action scoring contemporaneo.
Se a questo già importante numero
di prestazioni si aggiunge che il prolifico compositore ha recentemente offerto
i suoi servigi anche al romanticismo leggero di P.S. I Love You e al dramma
post-bellico di Stop-Loss, sarà più facile intenderne la posizione di esponente
decisivo nell’affollato contesto della musica da film da nuovo millennio. E
magari perdonare qualche pecca di maniera riscontrabile in tutti i citati
lavori.
Hancock – Varèse Sarabande/Audioglobe
Kung Fu Panda – Dreamworks Records Horton Hears a Who! – Varèse Sarabande/Audioglobe
Horton Hears a Who! – Varèse Sarabande/Audioglobe


NOTIZIE
John Powell ancora ad alta quota
Con i suoi commenti musicali per Hancock, Kung Fu Panda e Ortone e il mondo dei Chi, il musicista inglese si conferma fuoriclasse della nuova ondata hollywoodiana

09.10.2008 - Autore: GiulianoTomassacci