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I registi che fecero l'impresa

I registi che fecero l'impresa

Cahiers

07.06.2001 - Autore: Luca Perotti
Uniti contro il cinema retorico e di marca teatrale, un cinema stantio eccessivamente vincolato alla sceneggiatura e semplice registrazione di una realtà affabulata, le seguenti personalità attuarono una battaglia a favore di un\'arte che sovvertisse qualsiasi regola formale e segnasse una frattura con il passato, proponendo una nuova utilizzazione del mezzo espressivo. Il fermento che aprì la strada alla Nouvelle Vague nacque sulle pagine di Les Cahiers Du Cinéma in cui i futuri registi pubblicarono saggi, programmi e articoli indispensabili per preparare la strada al cambiamento. Il passaggio dallattività critica a quella creativa tradusse nella pratica il concetto di Politique des auteurs, perché un film è soprattutto limpronta digitale di un singolo, il luogo dellessenza di una poetica e ognuno di questi rivoluzionari firmò in maniera del tutto soggettiva questo nuovo approccio con la settima arte.   JEAN-LUC GODARD ( 1930 - )   Il cinema deve andare dovunque. Bisogna fare un elenco dei posti dove il cinema non è arrivato e farcelo arrivare. Se non è arrivato nelle fabbriche, deve arrivare nelle fabbriche...Se non è arrivato nei bordelli bisogna portarlo nei bordelli... La carriera dellesponente di maggior richiamo della Nouvelle Vague inizia con Fino allultimo respiro(1959), un vero e proprio manifesto dellanarchia e della sperimentazione formale già sostenuta sulle pagine dei \"Cahiers\" e diretta alla decifrazione di ogni facoltà espressiva del mezzo. Il sigillo impresso da Godard sul cinema moderno sarà per sempre indelebile. Una spasmodica ricerca di innovazioni, proposte, esperimenti. La sua attività registica è stata ed è ancora un prolungamento di quella saggistica, tesa a condurre unindagine sulla società e ad esaurire le possibilità linguistiche anche a costo di risultare irritante. Dopo il 1968 il suo cinema perennemente antiborghese e antitradizionale abbina allanalisi dello strumento cinematografico unesplicita militanza politica. I suoi film evidenziano il distacco dagli schemi classici, coerentemente impregnati di un senso della provocazione privo di strumenti di intermediazione, talmente spregiudicati da sfiorare lo snobismo. Insofferente allidea di unopera e di una poetica chiusa e definitivamente fissata, Godard continua ad incarnare alla perfezione la figura dellautore la cui natura non può smettere di mettersi in discussione e di porsi doverosamente la domanda: Che cosè il Cinema?   FRANCOIS TRUFFAUT (1932 1984)   Protetto e sollecitato da Andrè Bazin, Truffaut è il fautore di un cinema della sincerità, attraversato da una vena nostalgica ed intimista espressa dallo sguardo con cui i suoi personaggi osservano la realtà esistenziale che li circonda. Lesordio è del 1959, con I Quattrocento colpi primo capitolo di un cammino interiore, di una biografia ideale raccontata con lausilio di una sorta di alter ego, Antoine Doinel, accompagnato nelle tappe fondamentali di una crescita umana e sociale dalladolescenza del film citato, al fidanzamento di Baci rubati fino alla separazione di Lamore fugge, passando per la prima giovinezza e per il matrimonio. Meno audace e più convenzionale di Godard, la sua innovazione si è basata sulla creazione di un modo di fare cinema che marcasse una rottura con la tradizionale applicazione della medesima ricetta che rendeva irrilevante il lavoro del regista e attuava uninefficace analisi della realtà, tradotta in mera descrizione verosimile dei fatti. Truffaut riesce invece a penetrare in profondità grazie alla messa in scena di materiali narrativi tratti dallesperienza personale.   CLAUDE CHABROL (1930 - )   Il divario che separa le personalità che diedero vita alla Nouvelle Vague risulta emblematico se si guarda allopera di Chabrol, da considerare come colui che maggiormente depredò gli stilemi del cinema classico, soprattutto quello di Hitchcock, suo imprescindibile punto di riferimento. Di fatto è il suo Le Beau Serge nel 1958 ad aprire la strada a tutto il movimento, primo ambiguo e conturbante tassello di una poetica che ha saputo assimilare il disinvolto meccanismo narrativo del cinema americano per operare unanalisi arguta di spaccati sociali e familiari. Anche il suo ultimo film, il raffinato Merci pour le chocolate certifica il debito e il tributo nei confronti di forme narrative capaci di investigare con finezza la complessità psicologica dei personaggi.   ERIC ROHMER (1920 - )   Il filo conduttore dellopera di Rohmer è riscontrabile nel rapporto amoroso e nei conflitti psicologici, sottili e mai banali che ne scaturiscono. Sarebbe sufficiente ricordare il recente Racconto dautunno, capitolo conclusivo della serie dedicata alle stagioni per aver unidea del suo intento da sempre nascosto dietro unapparente disinteresse formale. Già negli anni sessanta con i sei Contes Moraux risultò esemplare la sua propensione a confezionare dei saggi filosofici di radice illuminista raccolti attorno ad un tema centrale, da usare come veicolo per indagare il comportamento individuale e morale in rapporto alle convenzioni dominanti. Forse il più letterario tra i cinephilè-registi francesi del periodo, i dialoghi rappresentano un punto di forza essenziale del corredo ideologico ed esistenziale con il quale seduce gli spettatori da più di quaranta anni, da quel Il segno del Leone del 1959, arrivato dopo quasi un decennio di sperimentazione nel mediometraggio.   JACQUES RIVETTE (1928 - )   Rivette scardina i cliché tradizionali del cinema classico indugiando su un tipo di cinema in cui realtà e rappresentazione cinematografica finiscono per essere indistinguibili. Esemplare è il debutto con Parigi ci appartiene, lunghissimo affresco in cui linterrelazione tra i personaggi è frutto di un\'improvvisazione incessante, di una alogicità che cede il passo alla forte componente emozionale. Per Rivette il regista deve essere un semplice coordinatore, il collante di una messa in scena che si forma parallelamente alla recitazione considerata mezzo privilegiato di indagine. Il suo sguardo si impossessa della lezione del surrealismo per aprire squarci sulla realtà mediante lapporto della dimensione onirica e fantastica, come nel celebre Lamour fou del 1969.