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Easy - Un viaggio facile facile, Nicola Nocella in uno dei film italiani più sorprendenti dell'anno

Conversazione con l'attore, già premiato a Locarno, che ha presentato il film di Andrea Magnani al Festival degli DEI

16.07.2018 - Autore: Pierpaolo Festa
E' passato un anno dal momento in cui Easy - Un viaggio facile facile ha iniziato il suo percorso sul grande schermo. Dodici mesi da quando lo hanno presentato in Piazza Grande al Festival di Locarno, accolto da una platea inchiodata dalle immagini proiettate. Trecentosessantacinque giorni dopo il protagonista Nicola Nocella si ritrova ancora a parlare di quel ruolo e di questo film che porta ancora in giro per l'Italia. "C'erano tremila persone venute a guardare il film a Locarno, è stata la scintilla che ha scatenato tutto quello che è successo dopo. Easy è uscito in Italia in una trentina di copie e ha incassato quattrocentomila euro, andando oltre le sue possibilità. A Locarno era Sold Out, in quel momento ho pensato: 'ok, sta succedendo davvero'".

Film.it parla con Nocella in occasione del Festival degli DEI, prima edizione dell'evento cinematografico itinerante che ripercorre la nota Via degli Dei, uno dei più bei cammini d’Italia che congiunge Bologna e Firenze. Una manifestazione che prende vita lungo l'Appennino Tosco Emiliano, toccando diversi comuni con svariate tappe e proiezioni cinematografiche nei borghi e negli spazi più suggestivi.  Al Festival degli DEI, Nocella torna a presentare Easy, il film in cui lo vediamo trovare un nuovo scopo per uscire dalla sua depressione: accompagnare un carro funebre dall'Italia all'Ucraina. 


 
Nicola dopo un anno si parla ancora di Easy come "un piccolo cult", mentre lo giravi avevi impressione che sarebbe diventato tale?
E se ti dicessi di sì,  passerei per stronzo immodesto? 

No, ma è un buon inizio...
L'avevo capito sin da quando ho letto la sceneggiatura. Il regista Andrea Magnani aveva urgenza di raccontare questa storia che era strana, diversa dalle altre. Sapevo da subito che stavamo facendo un film che aveva un respiro internazionale. E' passato un anno e lo presento ancora in giro per l'Italia. Sono partito da un paesino della Puglia e mi sono ritrovato candidato al David di Donatello. Devo tutto al mio regista che ha fatto una cosa enorme: ha scelto me. Mi sento come se fossi alla fine di Rocky, se posso farcela io possono farcela tutti.
 
Lo definisci "un film diverso dagli altri", mi chiedo quali siano "gli altri" che ti propongono...
Ho un'evidente somiglianza con John Belushi, mi hanno offerto diversi road movie in coppia, o commedie fuori dalle righe. 


 
Lo soffri questo paragone con Belushi? 
Non lo subisco, non mi dà fastidio: so di non essere all'altezza. Sono un pugliese che si barcamena cercando di fare il suo lavoro. Non voglio fare The Blues Brothers né Animal House, mi sento molto vicino invece a Chiamami Aquila, dove Belushi ha interpretato un personaggio fuori dalle aspettative. Credo di esserci riuscito con Easy, dato che Andrea Magnani ha rotto gli schemi. Per lui mi sarei gettato da un ponte, anzi l'ho letteralmente fatto. Mi ha fatto buttare da un ponte pericolante, e io soffro di vertigini. Mi ha anche sbattuto in un fiume gelato per un'ora. Ho fatto di tutto per lui. 
 
Il tuo primo ruolo di punta è arrivato con Il figlio più piccolo di Pupi Avati, ma avevi già fatto qualche comparsata. Hai lavorato con Carlo Vanzina per esempio.
Avendo frequentato il Centro sperimentale ho fatto la mia normale gavetta. Ho lavorato due ore sul set di Un'estate al mare, il  primo cine-cocomero di Vanzina. Carlo è stato uno dei primi a darmi lavoro, tutto quello che si dice su di lui - che era un uomo straordinario, colto, preparato - è verissimo. Tre anni dopo quel film, ho ritirato un premio per Il figlio più piccolo e Carlo è venuto da me dicendo: "sono felice per te, mi ricordo di quando ti ho scelto, mi ricordo di aver fatto una buona scelta". 
 
Che ricordi hai del set di Vanzina?
Mi ricordo che avremmo dovuto lavorare dalle otto del mattino alle sei de pomeriggio, ma alle tre e mezza Carlo aveva già finito tutto. E aveva ottenuto tutto esattamente come lo voleva lui. Era una cosa meravigliosa, lo guardavo lavorare e mi sembrava maestoso. 



Chiedo sempre qual era il poster che avevi in camera da ragazzino.
Quello di Optimus Prime, il cartone animato. All'epoca si chiamava Commander. Sono un fan di Transformers, ho visto il primo film di Michael Bay diciotto volte. Ma anche tutti gli altri della saga. Quando ho compiuto 34 anni, sulla mia torta di compleanno c'era il logo degli Autobot.

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