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Conversazioni: Emanuela Barilozzi

In occasione dell'uscita di "Sangue - la morte non esiste", opera prima di Libero De Rienzo, abbiamo intervistato la giovane protagonista Emanuela Barilozzi

Sangue - la morte non esiste

12.04.2007 - Autore: Adriano Ercolani
“Sangue” non rientra nelle logiche di mercato del cinema italiano…
E.B. – Beh, di certo un film convenzionale non è. La domanda è: è un film che vuole stupire parlando di cose personali o è un tentativo di voler parlare di tante cose insieme? Già il tema trattato sarà piuttosto scottante… E’ stato realizzato come un’opera totalmente indipendente forse, ma di certo non dalle pressioni: un regista esordiente, una sconosciuta come protagonista. Certo, c’è Elio Germano, ma non è che può portare avanti un intero film…

Nei crediti del film i protagonisti figurano anche come co-sceneggiatori: avete messo mano al copione oppure sul set c’è stata molta improvvisazione?  
E.B. – Il copione non lo abbiamo scritto, però ne abbiamo parlato moltissimo con Libero. Provato fisicamente poco, ma parlato tanto: “Picchio” De Rienzo ci ha fatto entrare a fondo nella sua realtà, nel mondo in cui è cresciuto, che è molto vicino a quello del film. Prima di iniziare a girare io mi sono messa le scarpe di Stella, Elio quelle di Iuri (e che scarpe sono quelle di Iuri…), ed abbiamo iniziato a seguire Picchio a braccio, con completa fiducia. Se poi sia stata ripagata o no non lo so…

A me sembra di si: si tratta di un film che sta  molto attaccato agli attori: la regia è sempre attenta a cogliere gesti e sguardi dei protagonisti.  
E.B. – La prima parte è più fisica. E’ stata una prova snervante: il sangue l’abbiamo dato noi tutti, nessuno escluso. Ci siamo fatti malissimo, sia  nel corpo che nella mente. Io alla fine di ogni giornata di lavorazione dovevo cercare di ritrovare me stessa: avevo il tempo di tornare a casa, sognare e rimettermi a posto, poi dovevo tornare a muovermi come Stella.

Che ne pensi del lavoro fatto?  
E.B.  - La prima parte é molto bella, lineare nel suo non voler essere ordinaria: hai ragione, racconta la storia dei due protagonisti stando molto attaccata ai loro volti ed ai loro corpi. Nella seconda Libero ha voluto metterci dentro un sacco di discorsi, ed alla fine forse il film si è fagocitato il regista…Qualcuno ha detto che Picchio è come uno squalo, che quando sente l’odore del sangue si getta all’attacco: vedendo che le cose sul set funzionavano, e noi tutti gli andavamo dietro, si è buttato a capofitto e molte cose gli sono scappate di mano, perché appunto le ha volute prendere tutte in mano. Forse è un po’ troppo per un esordiente.

Come è stato lavorare con Elio Germano?  
E.B. - Bellissimo. Lui è molto riservato, poi fa delle cose che non ti aspetti ed è molto divertente. Sul set tutti dicevano che io ero più un’attrice “di pancia”, mentre lui “di testa”, però come coppia abbiamo funzionato eccome!

Interessante, perché i due personaggi che interpretate sembrano esattamente l’opposto…  
E.B. - Esatto. Significa che abbiamo fatto un buon lavoro. Tornando ad Elio, credo che sia un attore di stampo brechtiano: lui riesce ad estraniarsi da tutto ed essere sempre pronto a recitare al meglio. Non è un attore focoso, qualche volta non sembra neppure essere un attore!

Tu ed Elio vi siete ritrovati nei due personaggi?  
E.B. - Sicuramente più lui di me. Nell’accezione positiva dell’idea credo che Elio sia più vicino a Iuri, al suo atteggiamento  nei confronti del mondo. Stella invece è quanto di più lontano possa esserci dal mio modo di essere, quindi sono contenta di aver reso credibile qualcosa che è così lontano da me.

Perché ti senti così lontana da Stella?  
E.B. – Perché ha venticinque anni ma ne dimostra diciassette non cresciuti!  Credo che si debba parlare di un personaggio con obiettività: io sono molto attenta alla ricerca umana che faccio. Sono cresciuta molto e cerco di rivolgere questa ricerca nel mio lavoro, quindi devo anche studiare le dinamiche ogni personaggio mi presenta…

A me era sembrato che fosse lei quella più matura dei due…  
E.B. – Ma dai! Giudicandola a posteriori, è del tutto immatura. Certo, la sua immaturità è dovuta a dei problemi che non le hanno permesso di crescere nella maniera dovuta; prima di tutto c’è ovviamente il rapporto così stretto, deviante col fratello; in secondo luogo è una ragazza che preferisce partire e mollare tutto piuttosto che affrontare i propri problemi!

In realtà il fatto che siano fratelli nel film sembra essere più un ostacolo all’esplicitazione del loro amore che un vero e proprio discorso di rottura…  
E.B. – Non sono d’accordo: l’ostacolo alla storia d’amore è semmai la partenza di lei, non il fatto che siano fratelli. La cosa bella ed importante di “Sangue” è proprio che ti fa passare per naturale una cosa così perversa come il rapporto che hanno Iuri e Stella. Una delle perle del film è far riuscire a vedere come l’ambiente borghese possa far nascere simili aberrazioni. E nessuno dei genitori se ne accorge…Inconsciamente Libero ha raccontato benissimo questa denuncia contro una borghesia che nasconde un sacco di orrori…

Tu quindi vedi Iuri e Stella come due “mostri”?
E.B. – Adesso, qui, mentre ne parliamo. Dovendo entrare nel personaggio, ho dovuto vedere le sue azioni come giuste. Il loro amore loro lo vivono appieno, anche se male. Comunque lo accettano,  vogliono magari cambiare la sostanza delle cose, ma non lo stato. Per questo anche partire non serviva a niente…Loro credono di vivere nel giusto, credono in quello che fanno: ti devi calare in questo universo e accettare questa condizione: fuori dal personaggio puoi analizzarla quanto vuoi, ma quando sei in esso devi prenderla come necessaria, normale e farla tua. Non semplicissimo…su una cosa del genere non ti puoi appigliare a niente.

Se dovessi inserire “Sangue” in un genere cinematografico, in quale lo metteresti?  
E.B. - Drammatico. Abbiamo inserito apposta il personaggio di Luca Lionello per stemperare un po’ il tono, altrimenti avremmo fatto un horror! Certo, vi sono tutta una serie di situazioni tragicomiche, ma in realtà nascondono discorsi ben più terrificanti…

E’ la prima parte drammatica che interpreti?  
E.B. - Ma vattene! Ho già fatto un sacco di film drammatici: ad esempio in “Sottovento”, ed anche “Buongiorno, notte” di Bellocchio – parte poi quasi del tutto tagliata, per cui il pubblico non lo saprà mai… -. In realtà la questione è questa: in prevalenza faccio ruoli comici, però alla fine piango sempre. Come te lo spieghi?  

Preferiresti essere considerata una buona attrice comica o drammatica?  
E.B. - Che domanda!!! Dovendo scegliere tra due strade, te ne indico una terza: vorrei essere considerata prima di tutto un’attrice, perché per ora…Fino ad ora mi hanno visto come una ragazzina un po’ pazzerella, che un momento ride e l’altro dopo sbraita. Nessuno ancora mi considera una donna in grado di interpretare ruoli adulti…

Essere diretta da un attore è differente rispetto ad un regista?  
E.B. - Completamente diverso. Perché volente o nolente un attore si mette sempre in competizione con gli altri; forse è per questo che non ho amici attori! Si crea sempre una necessità di voler dimostrare qualcosa: alla fine anche De Rienzo si è lasciato portare da questo desiderio, ed infatti nel film compare! Secondo me il passaggio dalla recitazione alla regia dovrebbe avvenire molto tardi nella carriera di un attore, per cui forse lui ha risentito della sua necessità di esprimere anche a livello attoriale. Prove  prima del film non le abbiamo fate, e questo probabilmente è dovuto al fatto che Picchio è comunque un attore, e non è in grado di “insegnarti”. Perché il regista deve essere un insegnante in fondo, e lui non lo è stato proprio perché non aveva tanta esperienza in tal senso.

Ed invece hai avuto in passato un regista che ti ha insegnato qualcosa?  
E.B. - Ancora non l’ho trovato. O meglio, non ho ancora trovato qualcuno che mi facesse cambiare le idee e le opinioni che mi sono fatta sull’essere attore. Questo però è un problema di tutto il cinema italiano: non c’è una scuola, qualcuno che ti faccia crescere negli anni.

Credi nella disciplina d’attore?  
E.B. - Non molto. Credo nel lavoro d’attore, nella necessità di prove su prove. Ma pochissimi registi lo fanno, ed è un male tremendo.  Io per disciplina intendo racchiudersi in una serie di regole che ti vengono imposte in maniera coatta, magari fin da bambino. La ricerca dell’attore deve essere volta a liberarsi di questi paletti che si hanno, e nel ritrovare la spontaneità e la freschezza che hanno i bambini. 
 
Pensi dunque che l’attore venga poco considerato in Italia?  
E.B. - Certo, in Italia viene visto come un dipendente: tu lo paghi per cui deve lavorare. Non è assolutamente così. Però poi viene usato come capro espiatorio se le cose non vanno, no?
Io non credo neppure che l’attore debba essere parte integrante di una troupe quando si gira: sul set di “Sangue” è stato così, e devo dire che questo mi ha lasciata molto perplessa. Al momento sinceramente non credo nella mescolanza di ruoli, all’adesione empatica verso tutto quello che succede su un set.

Quello che secondo me manca a tutta la tua generazione di attori italiani, e forse anche quella precedente, è la possibilità di lavorare su un ruolo ben preciso, un tipo fisso, se vogliamo una maschera. Secondo te ad un attore piace o spaventa lavorare su una caratterizzazione precisa da portare avanti nel tempo?  
E.B. – Penso di no. Magari potrebbe essere utile all’inizio, ma solo se poi si è sicuri di poterne uscire, o di poterla cambiare. Però sarebbe un lavoro rischioso, l’attore dovrebbe invece a priori lavorare per evitare una tipologia del genere. Se in Italia ci fosse lavoro per gli attori, questo sarebbe magari possibile, ma visto che non è così è solo un rischio inutile…
Oggi non abbiamo uno standard culturale e soprattutto produttivo che ti permette di costruirti una caratterizzazione. E poi, cosa più importante, non ci sono sceneggiature che permettono un lavoro del genere.

Sembri spaventata dal fatto di aver fatto un film da protagonista…  
E.B. - Un po’ si in verità. Mi preoccupa perché potrebbe cambiarti la vita, ma non per forza in meglio: se vedi in Italia tutte le giovani attrici che hanno fatto un film come protagonista, ti accorgi che dietro ci stanno magari un senatore o cose del genere. Non sto scherzando, più o meno è sempre così. Che succede invece se tu sei una persona onesta, che ha voglia di fare e che ha delle cose da dire e magari non te le vogliono far dire? Come credi venga visto allora un ruolo da protagonista? In un momento in cui non c’è niente di stabile, te la fai sotto dalla paura come adesso faccio io…
A me non è ai interessata la fama o il voler apparire: non me ne frega niente, mi fa paura anzi. Io vorrei solo lavorare e se mi serve un film per poter continuare a farlo, ben venga! Lavorare e buttarmi, perché sento di meritarlo. Nel nostro cinema c’è bisogno che le persone si buttino e che rischino! Non di mezze star!





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