
Partendo da un vecchio cinema dove i protagonisti ogni sera immaginano di interpretare una favola, il regista francese si rivolge ancora una volta a un pubblico di tutte le età, sottolineando i suoi messaggi di pace e tolleranza ed esplorando ancora una volta miti e culture diverse: “Amo il cinema e amo raccontare storie e giocare con gli spettatori – continua Ocelot – Con questa trovata metacinematografica è come se mi rivolgessi a chi sta a guardare e stringessi con loro un’ulteriore complicità. È chiaro che i protagonisti mettono in scena le loro storie, ma i sentimenti che ne escono fuori, quelli sono veri”.
Come sempre, Ocelot opta per un’animazione semplice e allo stesso tempo di stampo unico, con un uso perfetto dei colori, d’altra parte sceglie di raccontare tutte le sue storie attraverso le silhouette dei protagonisti, personaggi scuri di cui vediamo a malapena forme e occhi: “La scelta delle silhouette è stata come una rivelazione: ho subito scoperto che utilizzando quei disegni avrei realizzato il film molto velocemente”.

Sebbene convertito al 3D, Ocelot sceglie di non calcare troppo la mano con la nuova tecnologia: “Per me il 3D è uno strumento ed è comunque interessante, ma non fondamentale. La cosa più importante è sempre e comunque avere qualcosa da dire, e riuscire a cogliere bei sentimenti”. E in quanto al futuro, il regista torna a sfoderare grinta: “Mi piace cogliere le diverse culture e poi rielaborarle a modo mio. Mi definisco un affamato e, quando mangio, sono potente e posso fare quello che voglio!”.