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Benedict Cumberbatch, da Toronto per The Fifth Estate

L'attore parla del suo Julian Assange, fondatore di WikiLeaks nel film d'apertura del festival canadese.

Cumberbatch a Toronto come Assange<br>

07.09.2013 - Autore: Mattia Pasquini, da Toronto
Finalmente e' arrivato, l'Uomo del Festival. L'hanno definito cosi anche oggi, Benedict Cumberbatch, arrivato a presentare il Film di apertura del TIFF 2013, il chiacchierato e atteso The Fifth Estate.
Lanciato come 'Il film su WikiLeaks', in realta' racconta il rapporto tra Julian Assange, fondatore dell'organizzazione volta a svelare i piu' segreti documenti di governi e aziende internazionali, e il suo braccio destro Daniel Domscheit-Berg, dal punto di vista del quale tutto viene raccontato

Ma al centro dell'attenzione c'e' lui, l'ex Sherlock, premuroso nello specificare: "non volevo impersonarlo, ma interpretarlo", offiamente riferito alla controversa figura di Assange, un uomo "che il film investiga nella maniera piu' privata, anche attraverso la sua relazione con Daniel e le sue reazioni anche pubbliche a determinati eventi".

E forse la debolezza del film e' proprio qui. Basata sui due libri "Inside WikiLeaks. La mia esperienza al fianco di Julian Assange nel sito più pericoloso del mondo" di Daniel Domscheit-Berg (Marsilio) e "Wikileaks. La battaglia di Julian Assange contro il segreto di stato" dei giornalisti del Guardian Luke Harding e David Leigh (Nutrimenti), la sceneggiatura finisce per non essere molto di piu' di una cronaca in terza persona, una biografia parziale che manca proprio di quello che dovrebbe esserne il nerbo: la vita del protagonista.

"Sono un attore, non un esperto legale o un analista e non so cosa sarebbe dovuto o potuto succedere; complicato" - ha continuato l'attore - "Quel che mi e' piaciuto vedere e' l'uomo capace di creare WikiLeaks, a prescindere dalla forma che il processo abbia assunto poi".
Ma l'immagine che il film restituisce di una figura cosi' importante, nella nostra storia piu' recente, e' ovviamente parziale, a tratti macchiettistica, di un personaggio paranoico e schizoide, del quale non si approfondiscono le radici ne' le connessioni che ne hanno fatto cio' che e'.

Proprio per questo, probabilmente, lo stesso Assange potrebbe non amare il film. Cosa della quale sono perfettamente coscienti i nostri eroi… "Davvero non oso immaginare quale potrebbe essere la sua reazione - ha confermato Cumberbatch - "non sono uno scommettitore, ma immagino che non vorrebbe sostenere il film in modo particolare. Aspettiamo, e vedremo. Non so leggere nel pensiero, anche se ho cercato di entrare nella sua testa, in un certo senso, per un certo periodo della sua vita".

Un tentativo di non scontentare nessuno e' evidente gia' nel finale del film, d'altronde, fin troppo furbo con una chiusura dell'Assange/Cumberbatch sul film stesso. Un colpo al cerchio, cui fa eco quello alla botte nelle parole del regista: "E' un assoluto pioniere. Ha saluto fare la differenza. Ha aperto una porta. Per tutte queste ragioni credo che sia una figura da ammirare, anche se rimane sospesa la domanda se sia la persona cui vogliamo lasciare la responsabilita' di tutte le informazioni della cui liberalizzazione e' stato responsabile".

Peccato. Per la figura trattata e il momento storico, questa poteva essere un'ottima occasione di realizzare un film molto interessante.
Le carenze della sceneggiatura e delle scelte narrative, invece, purtroppo, si specchiano in quelle di una regia fin troppo indecisa e poco incisiva.
Si dice che la pratica renda perfetti, ma evidentemente questo vale anche per al negativo. Senza offendere nessuno, preferiamo ricordare il Bill Condon degli inizi (e del Candyman 2) o dei piu' intimi Demoni e dei o Kinsey, rispetto a quello restituitoci dalla doppia prova offerta nel capitolo conclusivo della saga di Twilight, Breaking Dawn.