
Photostory: Vent'anni di Leone d'Oro

2012 – Pietà di Kim Ki-duk
In vent'anni di Mostra di Venezia si sono avvicendati altrettanti Leoni d'Oro, alcuni condivisi, altri contestati, altri ancora strappati. Ma, al di là delle preferenze personali di spettatori, critici e giurati, un dato incontestabile è il successo o meno del film al di fuori della Mostra e la sua capacità di imprimersi nella memoria collettiva. Un dato che può essere rilevato solamente ad anni di distanza dal premio: ed è proprio quello che ci interessa fare in questa sede. Perché, certamente, Pietà di Kim Ki-duk è un ottimo film e ha meritato il riconoscimento, ma vogliamo scommettere che lo spettatore medio non lo ricorda? Estendendo il discorso a tutti gli ultimi vincitori, quali tra questi si sono rivelati dei successi e quali dei flop? Quali autori si sono aperti una strada nel mainstream e quali sono da considerare meteore? Seguiteci...

1993 – Tre colori: Film blu di Krzysztof Kieslowski
Nel 1993, la Mostra premia ex aequo America oggi di Altman e Film blu di Kieslowski, il primo della trilogia che l'autore ha dedicato ai colori della bandiera francese. Ci sentiamo di dire alla Giuria: bravi! Perché hanno previsto l'importanza di un'opera ambiziosa prima ancora che fosse completata.

1994 – Prima della pioggia di Milcho Manchevski
Manchevski racconta tre episodi intrecciati tra loro in sequenza non lineare, contemporaneamente alla Palma d'Oro del 1994, Pulp Fiction. Manchevski ha proseguito una carriera poco prolifica ma è comunque considerato un autore importante, e Prima della pioggia ha riscosso un discreto successo in USA. Eppure è poco noto al grande pubblico: il consiglio è di recuperarlo assolutamente.

1995 – Cyclo di Tran Anh Hung
Questo film vietnamita, storia di un guidatore di risciò che viene derubato del mezzo con cui si guadagna il pane ed è costretto a darsi al crimine, è stato definito “una via di mezzo tra Ladri di biciclette e Taxi Driver”. Peccato che nessuno lo ricordi, a diciotto anni dal trionfo a Venezia. Tran ha diretto altri film giunti nel nostro paese, come Il profumo della papaya verde e il recente Norwegian Wood.

1996 – Michael Collins di Neil Jordan
Più fortunato il vincitore del 1996, Michael Collins. Il biopic storico scritto e diretto da Neil Jordan e interpretato da Liam Neeson è stato nominato in seguito a due Oscar. Neeson ha vinto anche la Coppa Volpi per il ruolo del protagonista, patriota irlandese che ha guidato la formazione della Repubblica d'Irlanda. Un ruolo per cui l'attore è ricordato ancora oggi.

1997 – Hana-bi di Takeshi Kitano
Uno dei capolavori assoluti di Kitano, lo struggente Hana-bi era uno dei titoli da vedere negli anni Novanta, se si era cinefili. Dunque la Mostra ha fatto centro. E poi, Kitano non ha mai smesso di realizzare titoli degni di nota, rischiando anche di vincere un secondo Leone con Dolls, qualche anno dopo.

1998 – Così ridevano di Gianni Amelio
La storia di due fratelli siciliani (Francesco Giuffrida ed Enrico Lo Verso) emigrati nella Torino degli anni Sessanta è al centro di Così ridevano. I film italiani faticano a imprimersi nella memoria persino nel nostro paese, ma va detto che Così ridevano è uno di quelli che si ricordano ancora oggi.

1999 – Non uno di meno di Zhang Yimou
Prima della trilogia di Hero che lo ha imposto anche tra il pubblico mainstream occidentale, Zhang Yimou diresse questa storia di formazione ambientata in un villaggio della Cina rurale, dove una tredicenne viene selezionata per sostituire il maestro della scuola locale per un breve periodo. Un film da recuperare e una tappa importante nella carriera del regista di Lanterne rosse, che nel 2008 è poi arrivato a dirigere la cerimonia di apertura delle Olimpiadi di Pechino.

2001 – Monsoon Wedding di Mira Nair
Mira Nair fu la prima donna a ricevere il Leone d'Oro, a più di mezzo secolo dalla sua istituzione. Questa co-produzione tra India, Stati Uniti, Italia, Francia e Germania contribuì a esportare il cinema indiano in Occidente. Fu premiato pochi giorni prima dell'11 settembre 2001, i cui tragici eventi hanno ispirato l'ultimo film della regista, Il fondamentalista riluttante.

2003 – Il ritorno di Andrey Zvyagintsev
L'opera prima del russo Andrey Zvyagintsev ha segnato l'inizio di una carriera che, finora, è stata poco prolifica ma ha ottenuto altri riconoscimenti: i seguenti film Izgnanie ed Elena hanno vinto, rispettivamente, il premio al migliore attore e il premio speciale della giuria Un certain regard a Cannes. Nonostante ciò, quello di Zvyagintsev rimane un nome sconosciuto al grande pubblico.

2005 – I segreti di Brokeback Mountain di Ang Lee
Forse il vincitore più famoso della scorsa decade, I segreti di Brokeback Mountain ha fatto tanto per l'abolizione dei tabù sull'amore omosessuale al cinema. Cose varie da ricordare: la trasmissione su Rai Due in seconda serata, censurata e seguita da un comunicato di scuse; la performance toccante di Heath Ledger, morto pochi anni dopo; i tre Oscar, tra cui la regia ad Ang Lee.

2007 – Lussuria di Ang Lee
Secondo Leone d'Oro per Ang Lee a soli due anni da Brokeback Mountain. Quando uscì, Lussuria – Seduzione e tradimento fece scalpore per le scene di sesso esplicito che gli procurarono un forte divieto in USA e costrinsero il regista a tagliare sette minuti dalla versione cinese. Tuttavia, ora che le polemiche si sono prosciugate, il film è ben poco ricordato.

2008 – The Wrestler di Darren Aronofsky
Aronofsky si aggiudica il Leone d'Oro per la struggente storia metropolitana che ha riportato in auge Mickey Rourke. Si tratta in effetti di un'opera potente guidata dal carisma indiscusso di un attore semi-distrutto dagli eccessi e gonfio di steroidi. In altre parole, un premio azzeccato.

2009 – Lebanon di Samuel Maoz
Lebanon è un film che sembra costruito a tavolino per piacere alla giuria di un festival, e infatti ha vinto il Leone d'Oro nel 2009. Niente da dire sulla qualità tecnica – è tutto ambientato nella pancia di un carrarmato, con annesse difficoltà ed estri di regia – o sul messaggio importante, ma a distanza di pochi anni non ha lasciato molto il segno. E da allora Samuel Maoz non ha diretto nient'altro.

2010 – Somewhere di Sofia Coppola
Una delle “sviste” più recenti della Mostra. Quentin Tarantino premia la sua ex fiamma Sofia Coppola e questo genera un mare di polemiche. Stupide. Però è innegabile che il film sia un compitino ben svolto ma di poca sostanza, una versione all'acqua di rose di Lost in Translation. Che rimane il punto più alto di una filmografia poi scesa lentamente di qualità film dopo film.

2011 – Faust di Aleksandr Sokurov
Un premio poco fantasioso per un'edizione che aveva in concorso roba come Killer Joe di William Friedkin e Shame di Steve McQueen. Si è scelto invece il film “d'autore” nell'accezione più fantozziana del termine, un'opera cerebrale, lunghissima e dalla regia insostenibile, fatta di vezzi forzatamente ricercati (il formato 4:3, i filtri deformanti) e dialoghi teatrali. Meteora? No di certo, perché Sokurov è Sokurov, ma sicuramente non un film tra i suoi più memorabili.