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XIX Torino Film Festival
Nel corso degli anni il Torino Film Festival ha saputo ritagliarsi uno spazio sempre più importante nel panorama Festivaliero italiano.

14.11.2001 - Autore: Andrea Nobile
Nel corso degli anni il Torino Film Festival ha saputo ritagliarsi uno spazio sempre più importante nel panorama Festivaliero italiano. Una parte di questo successo è da addebitare al progetto sempre coerente e preciso dei direttori che si sono susseguiti (e lesperienza maturata a Torino ha non a caso portato Alberto Barbera alla direzione della Mostra del cinema di Venezia); una parte si deve alla sue tante anime, al coraggio di osare, di rischiare cortocircuiti con accostamenti spiazzanti; una parte ai vantaggi di essere piccoli, condizione che non impone scelte obbligate per ragioni diplomatiche, di bandiera o propagandistiche, per avere questo o quellattore; una parte, infine, allattenzione agli autori, loro sì spesso presenti in sala o in appositi momenti di incontro (questanno, tra gli oltre 55 registi presenti, saranno presenti a vario titolo Romero, Ferrara, Kiarostami, Lizzani, Monicelli, Straub e Huillet, Hopper, Gitai, Ioseliani, Tavarelli, Bellocchio, Ciprì e Maresco, Soldini, Calopresti e Martone, che si aggiungono ad altri ospiti come gli scrittori Pivano, Ammaniti e Nove, o musicisti come Battiato e i 99 Posse).
Tutto questi fattori hanno avuto un loro peso. E indubbio, però, che il successo del Torino Film Festival è dovuto soprattutto al ruolo centrale attribuito al pubblico. Un pubblico metropolitano, giovanile, curioso, riconosce il direttore Stefano Della Casa. Perché ormai non ci si può più rivolgere ad uno spettatore generico, i pubblici hanno esigenze e interessi diversi.
Per tentare di soddisfare gli oltre 60.000 spettatori del Festival, Della Casa ha preparato un menu variegato (16 sezioni con film provenienti da 25 paesi) e decisamente abbondante: ben 376 tra lungometraggi, corti e documentari (per dare un idea delle proporzioni, quasi il triplo dei titoli dellultima Mostra di Venezia). Aumentano i film, ma aumentano anche i posti disponibili: le tre sale del rinnovato cinema Massimo si aggiungono alle cinque del Reposi, nel tentativo di rimediare al sovraffollamento delle ultime edizioni.
Il concorso lungometraggi del Festival che fino a due anni fa si chiamava Cinema Giovani è tradizionalmente appannaggio di opere prime o seconde, e infatti anche questanno gli esordi sono la maggioranza, 6 su 11. Da notare che ben 5 sono esordi al femminile, compresi, cosa ancora più inconsueta, i due film italiani: Benzina di Monica Strambini (tratto dal romanzo omonimo di Elena Stancanelli) e Giravolte di Carola Spadoni.
Altrettanto tradizionale è lattenzione per i cortometraggi, testimoniata dalla significativa scelta di proiettarli nella sala più grande, prima del lungometraggio in concorso. Così si evita di relegare i corti in ghetti dorati e li si avvicina al grande pubblico.
Appena al secondo anno è invece la sezione riservata ai documentari, laspetto più interessante del cinema italiano contemporaneo secondo Della Casa: già lanno scorso le sorprese positive furono molte, e stavolta è particolarmente atteso Estranei alla massa di Vincenzo Marra, fresco di riconoscimenti alla Mostra di Venezia (ma anche a quelli di Valencia, Annecy e Saint Vincent) per il suo Tornando a casa.
La pattuglia degli italiani è, in effetti, tuttaltro che sparuta: 31 lungometraggi, di cui sette esordi, a testimonianza di un momento particolarmente felice per il nostro cinema. E anche di un rapporto ritrovato per un Festival spesso accusato di scarsa attenzione per il cinema di casa nostra.
Lanima del Torino Film Festival, infatti, è decisamente internazionale. Così troviamo una splendida selezione per uno dei cavalli di battaglia della manifestazione: Americana, ovvero il meglio del cinema indipendente (e non solo) doltreoceano. Si va da Abel Ferrara, cui è dedicata la serata inaugurale (con il suo ultimo film R-Xmas, ed il suo primo mediometraggio, inedito in italia, Can this be love?) a David Lynch (Mulholland Drive, un pilot tv fallito che poi è diventato un film), da Brian Yuzna (il regista di Society e Re-animator) al cinismo di Todd Solondz, dalla riproposizione del metafilm The last movie di Dennis Hopper alla prima volta con gli effetti speciali di James Toback, lanno scorso protagonista di una affollata retrospettiva).
La ricchissima offerta del Festival comprende anche Nipponica, la sezione dedicata alle nuove tendenze del cinema giapponese; retrospettive e omaggi ai western di Antony Mann, al maestro dellhorror George Romero e al cinema non riconciliato di Jean-Marie Straub e Danièle Huillet; due sezioni sul cinema europeo, una sulle ultime produzioni e una sui classici dimenticati; e ancora, le sezioni Spazio Italia, Spazio Torino, più le sezioni contenitore.
Un discorso a parte meriterebbe limponente omaggio al cinema egiziano: oltre 90 titoli che spaziano dalla fine dell800 agli anni 70, dal cinema danimazione alle commedie musicali. Unopportunità unica per vedere le opere di una cinematografia del tutto ignorata da noi, ma che è pur sempre la più importante di tutto il mondo arabo mediterraneo. Unoperazione che di questi tempi non ha solo un valore culturale ma anche sociale.
Lappuntamento è a Torino dal 15 al 23 novembre. Info: www.torinofilmfest.org