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Venezia 67: C'è grossa crisi...

I primi giorni alla Mostra d'Arte Cinematografica di Venezia. Qualcosa di evidente già c'è: la crisi è arrivata anche quassù al Lido...

Venezia 67 - Toni Servillo

04.09.2010 - Autore: Federica Aliano
Potevamo noi gossippari incalliti non spettegolare dalla Mostra del Cinema? Quando praticamente mezzo mondo dello spettacolo focalizza la sua attenzione qui (l’altra metà la focalizzerà su Toronto), come si può evitare di fare un po’ di sano “taglia e cuci”? Ebbene eccoci qui alla Mostra, giunti al Lido alla ricerca del pettegolezzo piccante. Almeno un po’ più originale del chiedere a Robert Rodriguez il motivo per cui non si toglie mai il cappello.

Siamo ancora alla ricerca di qualcosa di “piccante” o perlomeno un po’ saporito... Una cosa però appare chiara ed evidente: anche la Mostra, come il resto d’Italia, è sulle spese. Naturale conseguenza dei lavori per il nuovo Palazzo del Cinema (il cantiere allunga molto i nostri tempi di spostamento da un luogo all’altro, speriamo che alla fine ne valga la pena), si cerca di risparmiare su tutto. Ce ne siamo immediatamente accorti al momento di ritirare l’accredito: ci consegnano la tessera e una busta di carta, bianca con il Leone stilizzato rosso sopra, al posto della borsina degli anni precedenti. Il dubbio che ci nasce è: ma davvero conviene questa busta, anziché la shopper di cotone dello scorso anno? E soprattutto, visto che ormai il contenuto si è ridotto a un programma e allo sconto riservato agli accreditati per comprare il catalogo, non si potrebbe evitarla del tutto?

Passeggiamo un po’ e vediamo che l’allestimento di fronte al Palazzo è lo stesso dello scorso anno. Bellissimo, rosso su bianco, con un lungo red carpet e piante di oleandro. Ma è pur sempre lo stesso, non si è speso nemmeno un euro allo scopo per questa edizione. Poco male, tanto i ragazzi sono assiepati lì davanti dalla mattina pur di collezionare foto e autografi di coloro che sfileranno. Se sei un adolescente e abiti al Lido, qualunque “botta di vita” è ben accetta. Almeno l’attesa riempie le loro giornate – nel resto dell’anno, non osiamo immaginare cosa facciano.

Finalmente entriamo in sala. Ecco che la regola del risparmio è anche qui: per il terzo anno consecutivo c’è la medesima sigla, bruttina. È quella di Ermanno Olmi ispirata a “L’arroseur arrosé”. Mentre rimpiangiamo, per il terzo anno di fila, il Leone in pantofole che si cibava di una Mostra precotta nell’animazione di Francesca Ghermandi, ci chiediamo se la cambieranno solo quando i lavori saranno conclusi. Ci auguriamo di no e passiamo oltre.

Già, oltre... perché in alcuni casi sarebbe già tanto il riuscire a entrare in sala. Il risparmio cronico porta anche al racimolo di ogni spicciolo: per la proiezione di Mezzanotte di “Machete” (qui la nostra recensione) sono stati staccati tutti i biglietti. Ma proprio tutti: nemmeno un posto in Sala Grande è stato riservato ai giornalisti. E va bene che il pubblico paga, ma è anche vero che il costo del singolo accredito è aumentato di ben dieci euro. Almeno un centiaio di posti avrebbero anche potuto riservarlo a chi i film li vede per lavorare, oltretutto promuovendoli e aiutandone la distribuzione.

Del resto però c’è ben altro di incomprensibile che si delinea qui al Lido (e questo è un parere esclusivo della sottoscritta): di solito i critici da festival erano studiosi, ci si sentiva al sicuro, che almeno un minimo studio di estetica cinematografica chi veniva fin quassù lo aveva fatto. Ora e sempre di più, il metro di giudizio si è spostato, e molti giovani critici considerano capolavori film da botteghino, mentre i bei film, per giunta d’autore, non vengono riconosciuti. Cosa sta accadendo? C’è grossa crisi, e non solo economica...

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