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Tutto o niente
"..Noi possiamo essere tutto o niente", perchè se ci soffermiamo solo sulla nostra povertà e sugli ostacoli siamo davvero niente, ma, se invece amiamo e siamo amati, siamo vicini e complici, possiamo essere la cosa più grande e del mondo.

12.04.2007 - Autore: Claudia Panichi
Periferia sud di Londra: si apre il ritratto struggente di una famiglia come tante, ma che vive a contatto con innumerevoli difficoltà, avvolta in una rete complessa di disagi e contrarietà, insoddisfazioni e sconsolatezza. La loro esistenza sembra essere senza slancio vitale, ma rappresenta più o meno la dimensione astratta e emozionale della società odierna, fatta di contraddizioni e sfide quotidiane.
Il regista di Segreti e Bugie Mike Leigh, palma d’oro a Cannes nel ’96, ritorna sulle orme di quest’ultimo film, ma con più maturità e voglia di mettersi in gioco, raccontando una storia del tutto sentimentale, che viene dal profondo, dalle stesse sue esperienze personali.
Ne è venuta fuori una pellicola che sembra un collage fatto di tante piccole grandi cose, di scorci di vita sottesi in ognuno di noi, che vengono trasmessi con una straordinaria fedeltà e resi vivi da interpretazioni suggestive e sopra le regole, tanto da non sembrare realizzate attraverso la cinepresa.
Leigh racconta la vita senza gioia e entusiasmo di gente comune schiacciata dall’insoddisfazione, affaticata dallo spettro di un lavoro demotivante e dalla mancanza di speranza.
Il centro della storia gravita attorno alla famiglia di Phil, ma diverse vicende si intrecciano alla loro realtà, quelle cioè dei vicini di appartamento della famiglia di Phil, anch’essi vittime dello stesso male, seppur tinto da sfumature differenti ma con la stessa matrice d’origine.
Phil è un uomo e padre ormai spento. Sicuro che la sua compagna Penny non lo ami più, rifiuta di affrontare la situazione. Lei è cassiera in un supermercato e madre di due ragazzi obesi. Rachel fa le pulizie in una casa di riposo per cercare di arrotondare l’esiguo bilancio familiare, è abulica e vive in un’inerzia emozionale totale. Il maschio, Rory, è invece disoccupato e chiuso in un’aggressività violenta che sfoga soprattutto nei confronti della madre. Si sazia solo di cibo e urla.
Un ritratto avvilente, che comincia però a cambiare tono quando Rory ha improvvisamente una grave crisi cardiaca e viene ricoverato in ospedale. E’ proprio qui che riaffioreranno le speranze dei quattro, che si riaccenderanno le emozioni, e il legame tra loro tornerà saldo e indivisibile.
“Il bicchiere o è mezzo pieno o è mezzo vuoto…perché noi possiamo essere tutto o niente”. Se guardiamo il dramma di questa famiglia, la scommessa filmica del regista è di farci percepire, attraverso le riflessioni del protagonista, che se ci soffermiamo solo sulla nostra povertà e sugli ostacoli siamo davvero niente, ma, se invece amiamo e siamo amati, siamo vicini e complici di vita, possiamo essere la cosa più grande e completa del mondo.
E’ una sana riflessione sull’essenzialità della nostra esistenza, che prima di tutto deve essere fatta di sentimenti e autenticità, valori e coraggio. Bisogna avere proprio il coraggio di reagire, e Tutto o niente può essere visto sia come un film sull’importanza dei sentimenti veri e complessi, che sulla dura e schiacciante realtà della povertà dei nostri giorni. Una storia vera e quotidiana.