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Triage, la nostra recensione

Ad aprire questa quarta edizione del Festival Internazionale del Film di Roma è il film in concorso Triage, terzo lungometraggio del regista bosniaco Danis Tanovic.

Triage - Colin Farrell

15.10.2009 - Autore: Adriano Ercolani
Danis Tanovic, già premio Oscar per il film straniero nel 2001 per l’acclamato No Man’s Land , torna dietro  la macchina da presa con Triage.
E proprio con quel bellissimo esordio il nuovo lavoro dell’autore ha in comune il tema della guerra, o meglio degli effetti che la barbarie di un conflitto possono provocare anche sugli uomini più preparati ad essa. Ambientato nel 1988 in Kurdistan, Triage è tratto dal romanzo di Scott Anderson, e racconta di un “sopravvissuto”, il fotoreporter Mark Walsh, che è tornato a casa dalla zona di guerra portando con sé traumi e segreti che no riesce a superare.

Triage

Il film di Tanovic nella prima  parte, quella ambientata in Kurdistan, convince quasi pienamente. Pur non presentando nulla di particolarmente nuovo a livello sia stilistico che di storia, e soffrendo in qualche momento dell’economia con cui è probabilmente stato realizzato, Triage si regge sulla forza drammatica del suo protagonista, interpretato da un Colin Farrell scavato e doloroso come non gli capitava da anni, almeno da “Miami Vice” (id., 2006) di Michael Mann. E’ l’attore che si prende sulle spalle il filo emotivo della storia e lo fa proprio, aderendo al suo ruolo in maniera totalmente convincete.

Purtroppo però al ritorno in Irlanda, quando comincia il processo di appropriazione e superamento delle ferite morali e psicologiche causate dall’orrore della guerra, la sceneggiatura scritta dallo stesso Tanovic si fa improvvisamente farraginosa, retorica, piena di frasi fatte e di momenti smaccatamente melodrammatici. Il personaggio di Mark Walsh perde tutta la sua verità, e conseguentemente non riesce più a sostenere una vicenda che basava tutta la sua forza narrativa su di esso.

Triage

Triage si trasforma in questo modo in un lungometraggio piatto, superficiale, che in più non trova neppure nell’importanza della messa in scena un punto forte d’appoggio. Tanovic infatti dirige il tutto in maniera decisamente poco ispirata, sminuendo uno spunto che se trattato in maniera più approfondita avrebbe potuto portare a ben altri risultati.

Il Festival di Roma si apre quindi con un’occasione persa: Triage è un film che inizia bene, promette dramma inteso e psicologie dolorose, e pian piano invece si spegne in un deludente calando di intensità. Peccato davvero, perché viene sprecata così un’interpretazione potenzialmente preziosa di Colin Farrell, accanto al quale vale la pena citare un bravissimo Branko Djuric (mentre è meglio soprassedere sulle prove di Paz Vega e Christopher Lee…). Aspettiamo il ritorno di Tanovic allo spessore cinematografico mostrato con il suo esordio. 
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