Il weekend di proiezioni alla Croisette ci ha indubbiamente riservato
la prima, cocente delusione di questo festival: dopo l’inaspettato
successo di un “cult” generazionale come “Donnie Darko” (id., 2001), nella selezione ufficiale è stato presentato il secondo lungometraggio di Richard Kelly, “Southland Tales”.
Il giovane cineasta in qualche modo ha scelto di insistere sulle
tematiche del suo fortunato esordio, ed ha deciso al tempo stesso di
alzare il tiro per quanto riguarda la costruzione della storia e
l’espressività della messa in scena. Ciò che ne è venuto fuori è un
lungometraggio di due ore e quaranta incomprensibilmente prolisso e
sconclusionato, in cui invece di gustarsi una tagliente parabola
sull’irrazionalità e la follia del nostro tempo si assiste ad un
pasticcio pieno di personaggi istupiditi e banalità da soap-opera di
second’ordine. Quello che maggiormente sconcerta di questa pellicola è
l’assoluta mancanza di lucidità e senso della misura con cui è stata
realizzata: prima su tutte la sceneggiatura, che al suo interno
contiene una quantità esagerata di spunti e deviazioni, tutti
sviluppati con preoccupante superficialità; allo stesso tempo la messa
in scena di Kelly, sfavillante e modaiola, rende perfettamente l’idea
della presunzione di questo cineasta, difetto comunque già
riscontrabile in filigrana in “Donnie Darko”.
Invece di concentrarsi su una trama accessibile e linearmente capace di
condurre ad una fine ben determinata, Kelly accumula discorsi e scene
che tra loro hanno pochissima logicità; “Southland Tales”
si dipana così come un’accozzaglia di siparietti slegati tra loro, in
cui anche se uno o due alla fine possono risultare divertenti, il senso
che alla fine regalano allo spettatore è quello di un’estrema
frammentazione narrativa. Perché caricare lo script di così tante
suggestioni e sotto-trame, se poi non si riesce a chiuderne
coerentemente neppure una? Quando si arriva alla sequenza finale del
film, non si capisce infatti bene come ci si è arrivati, e soprattutto
perché le figure in campo stanno facendo quello che fanno. Quale
difetto maggiore può avere un lungometraggio? A tentare di elevare le
sorti del progetto non contribuiscono troppo neppure gli stralunati
attori, che a parte il simpatico Dwayne Johnson – ex “The Rock” – si muovono civettuoli ed insipidi come starlett isteriche.
Estremamente confuso e frammentato, peggio ancora saccente e presuntuoso nella realizzazione “Southland Tales” smentisce abbastanza clamorosamente il talento di Richard Kelly, e quindi quanto di buono ci aveva fatto intravedere con “Donnie Darko”.
Se si vuole fare critica sarcastica alle contraddizioni della società
contemporanea, non si può farlo dall’alto di un pulpito di cartapesta…


NOTIZIE
Southland Tales
Il weekend di proiezioni alla Croisette ci ha riservato la prima delusione di questo festival: dopo un cult come "Donnie Darko", nella selezione ufficiale è stato presentato il secondo lungometraggio di Richard Kelly

12.04.2007 - Autore: Adriano Ercolani