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Se mi lasci ti cancello
Ecco la nuova creazione della mente fantasmagorica di Charlie Kaufman, il talentuoso sceneggiatore che dopo le prime 'acrobazie mentali' di "Essere John Malkovich" e "Il ladro di orchidee" sforna un nuovo gioiello. Con Jim Carrey e Kate Winslet.

12.04.2007 - Autore: Adriano Ercolani
The eternal sunshine of the spotless mind,
Di Michel Gondry; con Jim Carrey, Kate Winslet, Mark Ruffalo, Kirsten Dunst, Elijah Wood.
Partiamo immediatamente con un appunto di rimprovero per chi ha deciso un titolo completamente insensato per la pellicola forse più complessa ed affascinante di questo primo scorcio di stagione cinematografica. Va bene voler tentare di piazzare bene nel mercato un’opera talmente creativa da “spaventare” distribuzione ed esercizio, ma arrivare a scimmiottare il già pessimo “Se scappi…ti sposo” (Intolerable cruelty, 2003) dei fratelli Coen - peraltro inaspettato successo commerciale qui da noi – raggiunge u traguardo di tolleranza davvero insospettabile. Speriamo almeno che il bieco sotterfugio serva per far vedere a quanti più spettatori possibile un film da non perdere.
Passiamo perciò a parlare della nuova creazione della mente fantasmagorica di Charlie Kaufman, l’autentico sceneggiatore/genio/pazzo che si trova dietro a tutto questo: dopo le prime “acrobazie mentali” di “Essere John Malkovich” (Being John Malkovich) e la perfetta sinfonia auto-referenziale de “Il ladro di orchidee” (Adaptation), ecco sfornata un nuovo gioiello di sceneggiatura, capace di scomporre una storia d’amore come un puzzle cervellotico ed allo stesso tempo di mantenere quello di cui una storia d’amore è fatta (almeno sullo schermo): tenerezza, romanticismo, verità, intimità, ecc. Chi ama perciò un tipo di cinema che arrivi a stimolare l’intelletto non potrà non rimanere ipnotizzato dal continuo gioco realtà/ricordo/immaginazione/sogno di cui il film è completamente pervaso. Per chi invece al cinema cerca soprattutto sentimento, ecco che quasi miracolosamente il film riesce ad accontentare anche costui. Grande merito dunque allo script di Kaufman, ma lode incondizionata pure alla coppia di protagonisti Jim Carrey/Kate Winslet, una sorta di Stanlio e Ollio post-moderni che donano un’adesione ai personaggi ed un affiatamento in scena davvero inusitati. Se ormai il protagonista di “The Truman show (id., 1998) non deve più dimostrare di essere un attore di indubbio talento, siamo lieti di vedere di nuovo la Winslet in un’interpretazione fulgida e coinvolgente, dopo alcune stagioni di prove no sempre a nostro avviso coinvolgenti. Promossa, anche se con qualche riserva, anche la regia di Gondry, notevolmente migliorato dopo l’esordio di “Human nature”; la grande forza della sua idea di messa in scena è quella di raccontare una storia del tutto irreale attraverso un realismo di enorme impatto visivo/emotivo; purtroppo però in alcuni momenti la formula sa più di gioco cervellotico che di vera ispirazione, e questo a causa di una regia che non sempre riesce a tenere la presa su quello che viene raccontato. Poco importa, perché come sembra che il film scivoli nell’intellettualismo fine a sé stesso, ecco che arriva una frase, un gesto, o un’immagine che sono pura poesia ed allo stesso tempo assoluta realtà. Impossibile non accostarsi a uno dei due personaggi e perciò non commuoversi. Spiazzante, certo, ma assolutamente da non perdere.