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Parla Giancarlo Giannini

A vederlo così, con gli occhi allungati e la mascella rigonfia, si stenta a riconoscere Giancarlo Giannini nel down protagonista di "Ti voglio bene Eugenio", l'opera prima di Francisco J. Fernandez prodotta dalla Arcipelago.

Ti voglio bene Eugenio

12.04.2007 - Autore: Adele de Gennaro
A vederlo così, con gli occhi allungati e la mascella rigonfia, si stenta a riconoscere Giancarlo Giannini nel down protagonista di Ti voglio bene Eugenio, lopera prima di Francisco J. Fernandez prodotta dalla Arcipelago. Una grandissima interpretazione che arriva dopo il ruolo dellispettore Pazzi in Hannibal di Ridley Scott, per cui già si parla di una sua prossima candidatura allOscar come migliore attore non protagonista. Non stupisce più di tanto, quindi, che Fernandez abbia scelto proprio lui e non un vero down per il ruolo di Eugenio: al di là del trucco, infatti, dopo qualche istante ci si dimentica che dietro quel faccione simpatico e quella voglia di vivere ci sia proprio Giannini. Piuttosto che puntare sulla commozione, lintento dellattore e del regista era quello di far discutere e di far capire che i down sono uguali a noi ed è proprio questa la chiave interpretativa che ha scelto il protagonista, mostrandoci un Eugenio che si innamora, soffre, si impegna nel volontariato, mangia con uguale voracità spaghetti, patatine e gelati: una vita perfettamente normale. Giannini ha creduto subito in questo progetto e, come il regista, non si è arreso di fronte alla difficoltà. Ci sono voluti otto anni per realizzare questo film - rivela Fernandez perché non ci credeva nessuno. Tutti i produttori dicevano che la storia era troppo patetica, nessuna voleva rischiare. A crederci fino in fondo, invece, è stato Giancarlo Giannini, anche grazie alla preziosa collaborazione di Alfredo Scarlata, un ragazzo down di 25 anni che nel film interpreta Eugenio da giovane. Limmagine che abbiamo più o meno tutti dei down spiega Giannini è quasi sempre quello di persone senza età, accompagnati generalmente da anziani e fissati in una immobilità espressiva che spaventa e allontana. Continua lattore: Diventando Eugenio, ed in particolare conoscendo Alfredo, ho scoperto che tutto questo è profondamente falso. Il down è una persona che ha diritto al suo percorso esattamente come tutte le altre e, se è messo in condizione di farlo, compie il suo percorso sino in fondo. Dal mio punto di vista dattore si è trattato di una sfida non soltanto tecnica , ma è stato un cammino dentro una prospettiva.. Quanto al trucco, Giannini precisa: Ogni tanto avevo una protesi in bocca e per allungare gli occhi dei normali tiranti di caucciù, nulla di particolare comunque rispetto alle 8 ore di trucco per Storie damore e di anarchia. Il trucco a volte può essere anche un filtro sbagliato, ma questo fa parte del nostro mestiere. La vera sfida era far sì che il pubblico si accorgesse che ero truccato, per dimenticarsene subito dopo. Inevitabili i paragoni con altri celebri personaggi come lautistico di Dustin Hoffman in Rain Man. In genere abbiamo sempre visto attori americani nel ruolo di disabili, noi invece siamo ancora legati al neorealismo. Spesso, però, sono questi i ruoli più facili per un interprete perché alla fine fai quello che vuoi Quanto alla costruzione del suo personaggio, Giannini attribuisce grande importanza al suo incontro con Alfredo Scarlata che, oltre a condurre una vita normalissima e autosufficiente, gioca a basket, usa il computer e partecipa a campionati nazionali di nuoto. Ho avuto la fortuna di conoscere Alfredo racconta Giannini e abbiamo passato diverse giornate insieme. Ho scoperto un ragazzo di unintelligenza particolare, con un grande amore per la vita, e anche per le ragazze, ma soprattutto con una grande ironia che per me è alla base della vita. E stato un incontro fondamentale, che mi ha aiutato a dare gioco e divertimento ad un personaggio drammatico. Ecco, il messaggio che ho cercato di dare è che la vita è bella comunque.