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Mulholland drive
MULHOLLAND DRIVE

14.04.2003 - Autore: Andrea Nobile
Cè una cosa, a proposito di Mulholland drive, che è bene dire subito: si tratta probabilmente del miglior film di Lynch dai tempi di Velluto blu (1986). Lattesa, dopo la parentesi di Una storia vera era grande, ma giustificata: Lynch con questo film ritorna ai temi e alle atmosfere a lui più care e congeniali, realizzando un piccolo capolavoro, nato quasi per caso.
Della trama è meglio raccontare solo lincipit: Betty, una ingenua e entusiasta aspirante attrice, giunge a Los Angeles per unaudizione e si sistema nella casa che sua zia Ruth le ha lasciato a disposizione. Allinterno però Betty vi trova una donna, Rita, che, dopo un incidente dauto si è rifugiata proprio a casa di Ruth. Ora però Rita non ricorda più niente di se stessa, né laiutano le cose che le sono rimaste: una borsa piena di soldi e una misteriosa chiave blu. Betty promette di aiutare Rita dopo aver sostenuto il provino, il giorno successivo. Nel frattempo, in unaltra zona di Los Angeles, il regista Adam Keshner viene minacciato da due mafiosi, che gli impongono di scegliere, per il ruolo della protagonista nel suo prossimo film, una loro protetta
Mulholland drive è nato come pilota tv per la Abc. Dopo aver realizzato, come pattuito, lepisodio di due ore, la Abc si è rifiutata di trasformarlo in una serie. Grazie allintervento di Canal Plus, però, Lynch ha avuto la possibilità di girare nuove scene e di rimontare il tutto, trasformando linedito televisivo in un film per le sale.
Tra Twin Peaks, Strade perdute e lo stesso Velluto blu, Mulholland drive è un film che prende lo spettatore fin dalla prima scena e non lo lascia più, portandolo attraverso una struttura che si fa progressivamente sempre più onirica.
Se infatti la prima parte ha laspetto di un noir, pur con la tipica cifra stilistica lynchiana, man mano unità di tempo e coerenza narrativa collassano, con unaccelerazione nellultima mezzora (quella che più si è giovata delle nuove riprese).
In effetti latteggiamento dello spettatore può essere di due tipi: cercare di ricostruire una trama coerente, andando alla ricerca di nessi logici che mettano insieme le diverse parti del film e risolvano le sue ellissi narrative, che pure è un gioco divertente e intrigante; oppure lasciarsi cullare dalle suggestioni, seguendo associazioni di tipo intuitivo ed emotivo, più che razionale. In entrambi i casi, come già per Strade perdute, visioni ripetute del film sono senzaltro indicate.
Anche perché Mulholland drive è un film ricchissimo, che forse in questo risente della sua origine di pilota tv: i temi, i personaggi, le situazioni, le letture possibili, le vie di fuga sono molteplici, sovrabbondanti, comè giusto per il primo episodio di una serie e come, con i dovuti accorgimenti, può risultare affascinante per un film a sé stante.
Naturalmente Mulholland drive non può certo soddisfare lo spettatore che cerca film chiusi, che alla fine non lasciano nulla di irrisolto, che spiegano tutto: è esattamente lopposto. E stupisce che alcuni abbiano criticato lassenza di tensione, che è invece sempre presente, grazie anche alla straordinaria musica di Angelo Badalamenti, storico collaboratore di Lynch dai tempi di Velluto blu (qui anche attore in un piccolo e ironico ruolo). Con laiuto di un cast validissimo, dove spicca la brava Naomi Watts (una delle due protagoniste), Lynch realizza un film inquietante, fatto della stessa materia di cui sono fatti i sogni.
E, su tutto, il collante della grande capacità del regista di mettere in scena le sue paure e i suoi deliri, creando situazioni disturbanti anche senza avere niente in mano, dal nulla, magari solo con un movimento di macchina ondeggiante e onirico, oppure con la recitazione di un attore per un attimo sopra le righe, fuori contesto. Lynch, qui come non mai nelle vesti di demiurgo, pronto a mischiare ancora le carte stravolgendo nomi, situazioni e personaggi, ha finalmente ottenuto, per Mulholland drive, un riconoscimento prestigioso per il personalissimo stile della sua messa in scena: il premio per la miglior regia allultimo festival di Cannes (dove precedentemente aveva vinto la palma doro per Cuore selvaggio).