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Loach e la forza dell'impegno

Duro e spietatamente realista, la pellicola di Ken Loach fa riflettere sul marcio degli inglesi e sotto la finta patina di benessere emerge un sordo dolore

It's a Free world

02.09.2007 - Autore: Gabriele Marcello


 

Asciutto come da regola, solo qua e là qualche battuta proletaria, e condotto con la mano ferma di chi vuole  scendere fino in fondo nelle pieghe del marcio intorno a noi, la pellicola inglese è un perfetto ritratto della condizione sociale delle low class inglesi e non solo. Se da una parte la situazione degli stranieri può sembrare già vista e risaputa, dall’altra, invece, il personaggio di Angie e la sua famiglia ( coinquilina compresa) sono lo specchio del falso health step  di Londra. Una donna sola che non sa cosa fare dopo aver perso il lavoro e si mette in proprio è l’esempio che il regista utilizza con gli spettatori per mostrare fin dove il bisogno possa cancellare l’umanità.  Non la si ama mai la Angie di Loach, forse perché è troppo simile a noi, ne le si può stare contro, dal momento che agisce per il suo bene e per quello dei suoi cari, senza filantropia, senza pietà.  “Mors tua vitae mea”  è il suo motto e alla fine, in una perfetta circolarità, ha ragione: solo agendo per sé trova la serenità economica. Ma non è certo.


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