Il primo weekend di Cannes 2006 è cominciato con due pellicole che in
qualche modo possono essere messe a confronto, in quanto propongono uno
stilema narrativo comune su cui poggiano invece poetiche della messa in
scena diametricalmente opposte. Nella sezione ufficiale abbiamo potuto
assistere all’equilibrato e sobrio “Selon Charlie” della regista Nicole Garcia, mentre fuori concorso è stato presentato lo scandalo annunciato del fragoroso “Shortbus”,
opera seconda di quel John Cameron Mitchell che con la sua pellicola
d’esordio, “Hedwig” (Hedwig and the Angry Inch, 2001) aveva destato
l’interesse della critica internazionale, raggiungendo a sorpresa la
nomination al Golden Globe come miglior attore nella sezione
musical/commedia.
I due lungometraggi hanno in comune la coralità delle storie narrate,
che si intrecciano tutte intorno al tema principale della confusione
sentimentale e della ricerca di un equilibrio interno da parte dei vari
personaggi. La Garcia, seguendo in maniera pedissequa gli stilemi di un
certo tipo di cinema francese, costruisce un’opera in cui situazioni e
dialoghi risultano la parte fondamentale della messa in scena:
adoperando con discreta efficacia i toni dolceamari tipici di questo
cinema, l’autrice ci regala un film ben cadenzato e pieno di personaggi
gustosi, ma che quasi in nulla possiede un pizzico di originalità; alla
fine della proiezione si ha quindi la sensazione di aver assistito ad
un prodotto ben confezionato ed intelligente, ma tutto sommato
abbastanza innocuo.
Diverso il discorso per “Shortbus”, che pur con tutti i difetti e le
ingenuità del caso è un’opera vibrante, a tratti davvero sentita.
Ambientato prevalentemente nella comunità gay newyorkese, il film mette
in scena con estrema veridicità – ma mai in maniera gratuita – la
confusione e la promiscuità sessuale di una serie di figure alla
ricerca confusa ma costante di un’identità precisa, dietro cui si
nasconde sempre la difficoltà ad esprimere con libertà i propri
sentimenti. Schietto fino a rischiare l’eccesso, “Shortbus” testimonia
con grande partecipazione la sincerità di Mitchell nel raccontare i
problemi della comunità gay americana. L’adesione dell’autore al tema
trattato lo porta addirittura ad una sorta di eccesso di empatia, per
cui ad un certo punto “Shortbus” sembra imboccare la strada della
favola edificante: le sequenze finali del lungometraggio infatti
trasudano un ottimismo che in qualche modo contraddice il doloroso e
toccante realismo della prima metà, la quale molto spesso sfociava
nella commedia acida ma non perdeva mai il contatto tangibile con
quanto mostrato davanti alla m.d.p.. Questo repentino cambio di tono
non inficia comunque la riuscita finale di una pellicola “forte” e
commovente, in grado di prendere lo spettatore “scandalizzandolo” con
la veridicità dei sentimenti.


NOTIZIE
Lo scandalo dei sentimenti
Il primo weekend di Cannes è cominciato con due pellicole che possono essere messe a confronto, in quanto propongono uno stilema narrativo comune su cui poggiano invece poetiche della messa in scena diametricalmente opposte

22.05.2006 - Autore: Adriano Ercolani