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Le quattro volte: dalla Calabria con poesia...

"Le quattro volte" di Michelangelo Frammartino commuove per delicatezza e forza creativa.

Le quattro volte

19.05.2010 - Autore: Andrea D'Addio
Quando scegli come protagonista una capra, è normale che tu non possa avere il controllo di tutto, che sei pronto ad improvvisare, anche se sai più o meno dove si andrà a parare. Ce la si mette tutta affinché certe cose accadono, e alla fine accadono davvero”. Parola di Michelangelo Frammartino, bravissimo regista milanese, ma di origini calabresi, che sia quando dirige che quando parla, dimostra un’amabilità e un’intelligenza che davvero capita poche volte di incontrare. Le quattro volte” è stato invitato a Cannes per una semplice ragione, è un film di una rara perfezione formale, un lavoro che, come dice lo stesso regista,  “esiste solo grazie alla decodificazione del pubblico. Se non vuole ragionare, sforzarsi di capire le immagini che gli sono di fronte, il film non esiste”.

I quattro tempi indicati nel titolo sono quelli che collegano l’uomo alla terra, passando per la natura e l’animale. Un vecchio raccoglie polvere davanti ad una chiesa, sperando che ingerendola si salverà da una malattia che lo sta portando alla morte. Verrà seppellito. Il piccolo neonato di una sua ex capra perde di vista il pascolo e si riposa sotto un albero. Quello stesso albero sarà poi tagliato dagli abitanti del paese per una festa tradizionale. Con il legno si farò un particolare carbone che poi brucerà nei caminetti, vagherà nell’aria e ritornerà polvere.

Può sembrare un gioco di collegamenti e riferimenti noiosi e presuntuosi, ed inveceLe quattro volte” è un film pieno di ironia. Complici i tanti animali protagonisti e la loro interazione con umani e territorio, alcune sequenze sembrano candid camera e così, anche l’assenza di una voce narrante non mina alla fluidità del racconto. Ci si emoziona ascoltando il belato di richiamo della capretta, ci si coinvolge osservando un intero villaggio uniti in un rito secolare. Si entra nella natura ascoltandone i silenzi e vivendone la vitalità.
Come ci ha raccontato Frammartino “Le quattro volte” è un “film politico”. Gioca sul linguaggio delle immagini come la televisione non si propone mai di fare, impone allo spettatore (come disse Godard parlando della differenza tra grande e piccolo schermo) di “alzare la testa visto che il cinema è grande,  anziché abbassarla come si fa per il tubo catodico”.

Insomma, non lasciatevi sfuggire questo piccolo gioiello che dal 28 Maggio sarà nei cinema.
 
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