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"Latitude zero"
"Latitude zero"

14.02.2001 - Autore: Andrea Nobile
Spesso le perle bisogna cecarle da soli. Seminascosto nella sezione Panorama, ignorato dal gran pubblico, un piccolo film brasiliano alza decisamente il tasso artistico di questedizione della Berlinale. Si tratta di Latitude zero, esordio alla regia di Toni Venturi.
La trama
Lena (Debora Duboc) é allottavo mese di gravidanza. Vive da sola, abbrutita, in un bar ristorante completamente isolato nel cuore del Brasile. Contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare, lo scenario non é di lussureggiante vegetazione tropicale ma è ambientato in una sorta di deserto, non così infrequente nelle zone minerarie, dove lo sfruttamento selvaggio del suolo avvia un veloce processo di desertificazione. Sebbene ogni tanto qualche camion passi dalla desolata strada dove si affaccia il locale di Lena, nessuno si ferma mai. Un giorno però, uno sconosciuto bussa finalmente alla porta. Si tratta di Villela (Claudio Jaborandy), un poliziotto in fuga da non meglio specificati guai combinati a San Paolo. Villela decide di fermarsi da Lena e di aiutarla a risistemare il locale, per il quale ha un mucchio di progetti. Tra i due si sviluppa una forte tensione sessuale, cui presto Lena cederà. Ma non ci vuole molto perché Villela scappi dopo averle rubato i soldi: la sua delusione é enorme, e Lena ricomincia a ricadere nella depressione. Partorisce in completa solitudine, e quando Villela ritorna carico di prodotti per il locale, Lena fatica a riaccettarlo, e comunque resta il bambino ad allontanarli l´uno dall´altro, fino al lento processo che porterà Villela alla pazzia (proverà persino a cercare l´oro nella cava ormai abbandonata) e alla tragica conclusione.
Il commento
Di impianto indiscutibilmente teatrale, Latitude zero colpisce per la forza e la potenza di situazioni e personaggi, solo due ma dipinti con estrema esattezza e credibilità. Le location sono anchesse solo due, l´interno del locale e la miniera. Questo potrebbe far pensare che Latitude zero sia una mera trasposizione cinematografica delloriginale testo teatrale. Eppure la presenza continua del deserto, che fa da contrappunto alla vicenda tragica dei protagonisti con un alternarsi di inquadrature più vicine a dipinti che a riprese, é indispensabile al senso del film, rappresentando la vita interiore dei personaggi.
Toni Venturi, che ha studiato cinema in Canada, ha lavorato per anni come documentarista. Il suo primo film di finzione risente della sua esperienza nel modo di indagare a accostarsi ai personaggi: Anche tenendo conto ha dichiarato - del fatto che la mia era un´opera prima e che quindi il budget doveva essere ridotto, ho preferito una storia molto piccola, con solo due attori e due location, proprio per andare in profondità nellanalisi, pur affrontando temi importanti quali l´amore, la morte, la solitudine. Venturi racconta di essersi concentrato molto sui pochi elementi a sua disposizione nel film: Ho scritto la sceneggiatura solo dopo aver scelto la location, perché é stato quando l´ho trovata che la storia ha acquistato un´anima. Il lavoro sui personaggi é stato fatto insieme agli attori, abbiamo provato per tre mesi a San Paolo prima di andare a girare nella regione del Mato Grosso, dove abbiamo finito tutto in quattro settimane perché ormai il piú era fatto.
Nella speranza che il film venga prima o poi distribuito in Italia, cè da aggiungere che Latitude zero ha unatmosfera decisamente beckettiana, e questo al di la della continua rievocazione di fantomatici clienti/Godot che non arrivano e non arriveranno mai: basti pensare alla decisione di lasciare sempre il bambino fuori scena, mai visibile eppure, pur solo con i suoi continui pianti, così presente e ´ingombrante´ da decidere il destino dei due protagonisti.