Donne fuori dalla realtà
Gran finale con occhi a mandorla sulla Croisette. Imamura, Hu-Hsiao Hsen, e Mamoru: le donne, il sesso e il pudore. Storie fantastiche, mondi virtuali e un crogiolo di idee: la marcia in più del cinema orientale.
L'ultimo giorno di proiezioni a Cannes, prima del gran finale di domenica, ha gli occhi a mandorla. A chiudere il concorso arrivano due tra i maggiori maestri del cinema orientale dei nostri tempi, il taiwanese Hu-Hsiao Hsien e il giapponese Shoei Imamura, accompagnati, fuori concorso, dal bizzarro Avalon di Oshii Mamoru, una "Rosa Purpurea del Cairo" al contrario. Fra tutti, il vero capolavoro della giornata è "L’acqua tiepida sotto il ponte rosso" di Shoei Imamura da Tokyo, classe 1926.
Il film
"L’acqua tiepida sotto il ponte rosso" racconta la riscossa d’amore del perdente Yosuke (un gustosissimo Koji Yakusho, che avevamo applaudito lo scorso anno per la splendida interpretazione di "Eureka" di Ayoama Shinji), licenziato a quarant’anni e abbandonato da moglie e figlio, la cui disperazione trova conforto in una sorta di donna-mostro o fata di ferreriana memoria, la giovane e bella cleptomane Saeko (Misa Shimizu, Palma d’oro nel 1997 proprio con L’anguilla di Imamura). La ragazza ha un modo molto particolare di vivere la propria sessualità, che realizza una delle più profonde fantasie sessuali femminili: quella di un orgasmo torrenziale, che fertilizza i fiori e nutre le anguille del fiume. Alle prese con Saeko, lo spiazzato Yosuke ritroverà se stesso ripartendo da zero, alla ricerca di un tesoro segreto che scoprirà essere proprio la calda intimità di un sesso impossibile da nascondere, di cui bisogna essere all’altezza senza spaventarsi.
Il commento
Il film di Imamura è un piccolo capolavoro delicato e surreale, dove poche, semplici idee originali bastano ad esprimere le più grandi emozioni senza il carico di retorica del cinema di maggiore impatto dell’occidente (modello Von Trier). Il suo ritratto di donna che aprono uno squarcio dolce e intenso sul senso del pudore orientale, strana galassia che la volgarità imperante spacciata per emancipazione del cinema occidentale non contempla se non come limite psicologico e sessuale
Ma a sorprendere è soprattutto la vitalità con cui Imamura popola il suo universo bizzarro di personaggi esilaranti, sparpagliati in un percorso da incubo che riflette la trasognata solitudine del nostro universo mondo, dove, sembra dirci il regista, la realtà non basta più. Occorre trasformarla con gli occhi e con il cuore, per ritrovare all’improvviso il senso perduto nell’esperienza.
In sintesi
Un capolavoro surreale, scanzonata allegoria della sessualità femminile in cui la poesia si compenetra perfettamente all'ironia tipica della cultura giapponese Zen.


NOTIZIE
"L'acqua tiepida"
Gran finale con occhi a mandorla sulla Croisette. Imamura, Hu-Hsiao Hsen, e Mamoru: le donne, il sesso e il pudore.

21.05.2001 - Autore: Alessandro La Rocca - Filmaker-s magazine