In occasione della presentazione sulla Croisette de “Il Codice Da Vinci” (The Da Vinci Code, 2006) abbiamo incontrato la coppia Ron Howard/Brian Grazer, rispettivamente regista e produttore del lungometraggio. I due collaborano ormai insieme da svariati decenni e sono entrambi arrivati all’Oscar nel 2002 con “A Beautiful Mind”.
Visto il grande clamore che ha suscitato prima il romanzo di Dan Brown e successivamente il vostro film, non avete paura delle enormi polemiche che rischiano di scatenarsi?
R.H. – Ancora più di quelle che già ci sono state? Mi sembra difficile…
Noi abbiamo sempre affermato che la nostra opera è interamente basata su eventi di finzione: il romanzo proponeva una trama avvincente e degli ottimi spunti per un gran thriller. Tutto qui
B.G. – Non abbiamo mai avuto intenzione di mettere in discussione i dogmi della religione cattolica o alterare la visione di Gesù Cristo che hanno tutti i fedeli: il nostro film è mera invenzione, e semmai potrebbe mettere in luce una versione più umana, più terrena di alcuni aspetti della religione…
Voi due lavorate insieme fin dall’inizio della vostra carriera: come si è sviluppato il vostro rapporto negli anni?
B.G. – Abbiamo affinato un’intesa che si è andata pian piano perfezionando, anche a costo di sbagliare qualche film in passato…(Howard sorride). Ormai sappiamo benissimo che tipo di cinema ci piace, con quali opere ci troviamo più d’accordo.
R.H.- Quando Brian mi propone di leggere qualche sceneggiatura, so già che sarà in sintonia con i miei gusti e soprattutto adatta alle mie capacità di regista. Nel caso de “Il codice Da Vinci” abbiamo poi ritrovato Akiva Goldsman, che già mi aveva entusiasmato con gli script de “A Beautiful Mind” e “Cinderella Man”: quindi cosa chiedere di più? Tornando comunque al mio rapporto con Brian, devo ammettere che è prima di tutto una questione di affinità e di amicizia, che dopo si trasforma in un grande affiatamento nel lavoro.
B.G. – Salvo incidenti, credo andremo ancora avanti insieme per un bel pezzo!
Lei ha citato il vostro precedente lavoro, “Cinderella Man”, che a mio avviso è stato nettamente sottovalutato da critica e pubblico…
B.G. – E’ uno dei film di cui andiamo più fieri! Credo che Ron abbia fatto un grande lavoro di messa in scena e soprattutto nella direzione d’attori: Russell Crowe e Paul Giamatti danno vita a dei duetti davvero elettrizzanti.
R.H. – Penso che “Cinderella Man” non sia stato troppo amato dalla critica perché dava una visione della Grande Depressione troppo dura, non buonista ed ottimista come è stato in passato ed in lungometraggi più recenti, come ad esempio “Seabiscuit”. Quel film infatti ha avuto grandi accoglienze! In “Cinderella Man” non mi interessava mettere il pubblico a proprio agio come quasi sempre faccio nelle mie pellicole: volevo invece raccontare la storia di un uomo in gravi difficoltà, che ritrova la propria voglia di combattere per ragioni ben più importanti che gloria e pubblicità.


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La finzione di Ron
In occasione della presentazione sulla Croisette de "Il Codice Da Vinci" abbiamo incontrato la coppia Ron Howard/Brian Grazer, rispettivamente regista e produttore del lungometraggio

18.05.2006 - Autore: Adriano Ercolani