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La bandiera italiana a Cannes

Nel giorno successivo alla presentazione de "Il Caimano" di Moretti è giunto il momento di fare alcune considerazioni sulla rappresentazione della nostra cinematografia sulla Croisette

Il Caimano

23.05.2006 - Autore: Adriano Ercolani
Nel giorno successivo alla presentazione per stampa e pubblico de “Il Caimano” (id., 2006) di Nanni Moretti è forse giunto il momento di fare alcune considerazioni sulla rappresentazione della nostra cinematografia sulla Croisette. A prescindere dal fatto che si riuscirà a portare a casa o meno qualche riconoscimento ufficiale, la sensazione comune e confermata è che quest’anno tutti i nostri film presentati hanno ottenuto un grosso successo di critica, confermando la bontà di un’annata florida e redditizia come non se ne vedevano da anni.

Se il plauso della critica tributato a Moretti era abbastanza prevedibile, visto che in Francia il Nanni nazionale è autore amatissimo e molto premiato – ha vinto il premio alla regia nel 1994 con “Caro diario” (id., 1993) e la Palma d’Oro nel 2001 con “La Stanza del figlio” (id., 2000) – graditissima sorpresa è invece stata la trionfale accoglienza riservata a “Il Regista di matrimoni” (id., 2006) di Marco Bellocchio, cineasta spesso controverso che a Cannes ha sempre diviso critica e pubblico. Bisogna però menzionare il fatto che quest’ultima opera del regista de “L’Ora di religione” (id., 2002) è una grande lezione di cinema, una pellicola capace come poche in Italia di confrontarsi con il mondo dell’immaginario e del subconscio. Probabilmente l’inserimento de “Il Regista di matrimoni” in concorso avrebbe avvalorato ancora di più l’importanza dell’opera di Bellocchio.

Probabilmente non sarà cosa semplicissima riuscire a conquistare qualche premio importante, e questo nonostante appunto il valore indiscusso della nostra “squadra”: nella competizione ufficiale qualche possibilità in più potrebbe averla “L’Amico di famiglia” (id., 2006) di Paolo Sorrentino, che verrà presentato nei prossimi giorni: l’autore napoletano già aveva destato enorme clamore e consenso con “Le Conseguenze dell’amore” (id., 2003), messo in concorso e poi abbastanza sorprendentemente ignorato. Se il bel film di Moretti sembra avere poche chances di vittoria a  causa dei precedenti premi ricevuti dal maestro, non sembra invece del tutto peregrina l’idea della prestigiosa Camera d’Or assegnata a “Anche libero va bene” (id., 2006), opera d’esordio alla regia di Kim Rossi Stuart che ha conquistato tutti con la sua dolorosa veridicità.

Anche se alla fine non dovesse arrivare nessun premio da parte della giuria presieduta da Wong Kar-Wai, questa edizione del festival di Cannes dovrà a buon diritto essere ricordata come una delle più riuscite per la cinematografia battente bandiera italiana: per la prima volta da anni pubblico ed addetti ai lavori si sono unanimemente schierati dalla parte dei nostri film, tutti meritevoli di tale appoggio (sembra che anche il film di Sorrentino sia opera di valore indiscusso). Speriamo sinceramente che questo già indiscutibile successo possa servire al nostro sistema per “sbloccarsi” ed iniziare nuovamente a rischiare su storie ed autori. Il materiale sicuramente c’è: adesso serve il coraggio di usarlo al meglio.