All’inizio della sua carriera è stato una sorta di neorealista inglese, ha descritto il sottoproletariato del suo Paese, come Rossellini o De Sica hanno descritto l’Italia del dopoguerra. Seguendo la vita dell’uomo comune, come diceva Zavattini, e, prendendo anche, attori dalla strada. Poi ha fatto film storici, con budget elevati, ma la coerenza, il suo essere ‘fedele alla linea’, è rimasto sempre intatto. Incorruttibile Ken!. Complimenti. Soprattutto di questi tempi, dove chi monta per primo sul carro del vincitore passa sempre per il più furbo.
“Il vento che accarezza l’erba”, 2006. Palma d’Oro al Festival di Cannes. Una storia poco raccontata, anche dai libri di storia. Una pagina amara che vede i suoi compatrioti inglesi, nel 1919, invasori spietati dell’Irlanda per sottomettarla al Regno Unito. Due fratelli, si ritroveranno prima a far parte della Resistenza, e poi dalle parti opposte della barricata. Un film struggente, che ci fa capire come gli uomini non imparano mai dalla storia. “Gli anglo-americani in Iraq - ha detto Loach - si comportano da truppe di occupazione come gli inglesi fecero in Irlanda. E un governo oppressore contro altri popoli lo è anche nei confronti del suo”.

“Terra e libertà”, 1995. Qui il protagonista è Ian Hart, ovvero David, un disoccupato di Liverpool che parte per la Spagna e si arruola nel partito marxista che combatte i falangisti. Di questo film si ricordano i pugni alzati, il ‘no pasaran’, le bandiere rosse e la nipote, alla fine, che in lacrime ritrova tra le cose del protagonista un fazzoletto rosso con una manciata di terra. Fa uno strano effetto, in questi tempi addormentati, pensare a un film così impegnato, serio, su un periodo storico cruciale, e descritto con orgoglio, dolore, dignità, rabbia, sconfitta e utopia.

“Piovono pietre”, 1993. Premio della Giuria a Cannes. Loach non ha mai mitizzato né la classe operaia e nemmeno i rivoluzionari, e questo è uno dei suoi grandi meriti. L’ironia regna sovrana in un film come “Piovono pietre” dove il dramma guida la storia. Che cosa vuole dire essere senza lavoro? Qui una coppia di Manchester non ha i soldi per comprare il vestito della Prima Comunione alla figlia e, non esiste che la ragazzina rinunci, a costo di andare a rubare il prato in un club del Partito dei Tory. Si ride, si piange, con questi protagonisti per i quali dice il regista “piovono pietre, sette giorni su sette”.

“Riff, Raff”, 1991. Il titolo significa ‘gentaglia’. Ma le canaglie non sono gli operai del cantiere edile: bianchi, neri, giovani, anziani, che lavorano in condizioni di sfruttamento e senza misure di sicurezza, tra licenziamenti e angherie varie… ma i prepotenti datori di lavoro. Un ritratto dell’Inghilterra della signora Thatcher, divertente, energico, senza retorica, con un’intensa storia d’amore e un finale battagliero.

“Kes”, 1969. Da qui nasce tutta la poetica realistica di Loach. “Kes” è un frullato della sua Inghilterra. La storia di un ragazzino che non ha niente. Vive in una città del Nord (tanto che il film uscì con i sottotitoli inglesi a Londra), con la madre e un fratellastro, in periferia. Billy è solo, sotto tutti i punti di vista. Fino a quando non trova Kes - da Kestrel ovvero un Falco – che ha bisogno di lui, ha una zampa rotta. Nasce una grande amicizia, un amore. Ma quando piovono pietre… arriva il fratellastro e glielo uccide. Human Nature…