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Intervista a Pedro Almodovar

Intervista a Pedro Almodovar

Parla con lei

14.04.2003 - Autore: Ludovica Rampoldi
Camicia arancione, giacca verde acido. Cè una cosa in Pedro Almodovar che colpisce immediatamente: la sua simpatia. Pedro intrattiene i giornalisti con un fascino e un carisma incredibili, parla al telefono, scherza con i suoi attori, ride e dispensa buonumore. Dopo tante storie di donne, per raccontare lamicizia virile tra Marco e Benigno si è fatto guidare dallistinto e dallintuito. Mi sono ispirato alle amicizie virili dei film western, ma ho voluto che i miei protagonisti fossero più fragili, più sofferti. Virili ma dolorosi. Almodovar parla di amore (imprescindibile dalla passione carnale, lunico combustibile della nostra vita), e di solitudine, altro tema centrale di Parla con lei: La solitudine appartiene alla forma umana, ed è un elemento fertile. Esiste un tipo di compagnia che non ha bisogno della presenza fisica: le persone amate esistono comunque al tuo fianco, anche se non sono lì con te. Non sentirsi desiderato, ecco cosè la vera solitudine. Un personaggio di Parla con lei si chiama Benigno. E un omaggio a Roberto Benigni? In un certo senso sì, io amo moltissimo Roberto. E un attore fantastico e aspetto il giorno in cui lavoreremo insieme. Se non avessi trovato un attore spagnolo adatto (Javier Camara), il ruolo di Benigno sarebbe stato suo. Però cè una cosa che credo accomuni Javier a Roberto: entrambi hanno unumanità contagiosa, il loro talento rende verosimile qualsiasi stravaganza. In effetti Benigno è un personaggio controverso. E un malato o un puro? E il suo è un atto di amore o di sopraffazione? Da psichiatria direi che è malato e deve internarsi. Da scrittore Benigno mi provoca simpatia e affetto. Io non lo giudico, lo racconto: illustro il suo mondo parallelo di tenerezza e solitudine. Per me è fuori dalla morale, ma non è amorale: è un personaggio lirico, romantico. Volevo mostrare come un gesto esecrabile possa trasformarsi in un atto miracoloso; è lambiguità di tutti gli atti umani. Come è cambiato dopo lOscar? Dopo la follia di Los Angeles volevo dimostrare indipendenza e continuità con il mio cinema precedente. In America mi hanno offerto molti progetti con budget astronomici: li ho rifiutati. Questa non vuol essere né unostentazione né una lezione morale. Per me è semplicemente una necessità. A Madrid, in un contesto più piccolo, ho il privilegio di fare ciò che vuole il mio cuore, di essere più vicino a me stesso. I suoi straordinari attori concordano nel descriverlo: un fine osservatore, un talento magico e poetico. Dittatoriale, certo, e perfezionista: per prepararsi al film Rosario Flores ha dovuto passare quattro mesi alla scuola di tauromachia, Leonor Watling ha praticato una disciplina yoga, Javier Camara ha dovuto studiare da infermiere, parrucchiere, truccatore e manicure. Un regista autoritario- dice Camara- che però lascia agli attori molta libertà. Libertà vigilata!, gli fa eco Almodovar: Locchio vigile di chi ti ama e vuole tirar fuori da te il meglio. Non importa come e con quale parte del corpo!