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In riva al mare

Camera d'Oro al Festival di Cannes 2002 fa di un cinema francese gradito da pochi, fatto di silenzi e di puntini di sospensione.

In riva al mare

12.04.2007 - Autore: Chloé Barreau
di Julie Lopez Curval     Si potrebbe sicuramente glossare sul divario che un certo cinema francese crea con il pubblico. In riva al Mare, Camera d'Oro al Festival di Cannes 2002, fa infatti parte di questo cinema francese gradito da pochi. A chi è familiarizzato con quel cinema volatile, ricco di silenzi e di puntini di sospensione, agli amanti di Flaubert, questa promettente opera prima darà un piacere delicato. Gli altri devono essere premuniti di una possibile noia mortale.   Una piccola cittadina in riva al mare, una lunga spiaggia di sassi. Siamo nel Nord'Ovest della Francia, in Picardia, a Cailleux sur Mer (Sassoso sul Mare...) D'inverno quasi senza vita, la città torna a vivere d'estate, quando i villeggianti e le cabine a strisce colorate riaccendono l'allegria. Alla fine della lunga spiaggia, vi è una fabbrica che esporta in tutto il mondo i ciottoli caricati dal mare. Qui lavora Marie, una bella ragazza. Il suo fidanzato, Paul, bagnino della spiaggia in alta stagione, è troppo preoccupato da sua madre Rose che sperpera la sua pensione alle slot machines, per soddisfare il carattere sognatore di Marie e la soffoca con il suo goffo amore. Per lei, la felicita è altrove.   In riva al mare è un viaggio nel cuore di in un paese lontano, solitamente riparato degli sguardi, un film « regionalista » e intimista. Un luogo improbabile che si esibisce con languore per essere chiamato altro : paese « spaesato», forse. Né esotismo, né ritorno alla terra, un luogo che da, a chi vuole afferrarla, curioso o reticente, la possibilità di immischiarsi. Chiusi nella routine, i personaggi non fanno nient'altro che incontrarsi. In questo paese piccolo, è inevitabile. Come i sassi che si trasformano sfregandosi tra di loro. E come se il posto avesse influenzato la sceneggiatura, il film ha la dolce rugosità dei ciottoli.   Pochi dialoghi, quattro capitoli, quattro stagioni. A questa strana meteorologia che appartiene alla gesta documentaristica Julie Lopez Curval a aggiunto una scala dei sentimenti, appiccicati alle metamorfosi del luogo, per svelare una metafora dolce-amara dello sradicamento. Marie fa la scoperta intensa di non essere adatta alla vita ideale che si è fabbricata. Il suo sradicamento si effettua laddove ha sempre vissuto, davanti a questo mare, stranamente filmato come un muro, che la protegge quanto la isola dal mondo.   Cio che Julie Lopez-Curval, autrice-regista di quest'opera prima imperfetta ma sincera, a saputo mostrare con grazia, è che « non c'è bisogno di dire molto, molto viene detto ». Il film resta ibrido, mai risolto, ma si afferma anche come un oggetto padronato - l'évidenza di una cineasta che nasce in una leggerezza che non si cancella.