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Il rischio di andare "Controvento"
Il rischio di andare "Controvento"

02.02.2001 - Autore: Beatrice Rutiloni
Peter Del Monte ha un singolare senso di protezione nei confronti del suo undicesimo film Controvento, prodotto dalla sua società Poetiche cinematografiche con lIstituto Luce, uscito i primi di novembre nelle sale italiane e ritirato quasi subito. Male accolto dal pubblico e dalla critica. Esattamente come si farebbe per un figlio \'difficile\' è stato tenuto al riparo dalla baraonda di Venezia. Fu proprio il regista a rifiutare di farlo vedere a Barbera, lestate scorsa, commentando La Mostra non è più un luogo di confronto serio e, data la natura emotiva del film, esporlo in certe gazzarre di sala stampa mi sembrava potesse essere pericoloso. Con Berlino, invece, dove Controvento è stato inserito fuori concorso, nella sezione Panorama, Del Monte ritiene di accedere ad unattenzione più consona al suo film. O forse è solo un terreno più temperato e meno bersagliato dai media a rendere lautore così tranquillo da esporsi. Non ci è dato saperlo. Peter del Monte è sfuggente come il suo film. Aspetta in silenzio i consensi dovuti e mai arrivati. Una legge matematica di precisione svizzera compete a questo autore che, nel corso della sua carriera, dal felice esordio nel \'75 con Irene, Irene e fino allultimo Controvento appunto, ha inanellato una serie di successi e insuccessi uguali nel numero e contrari per entità, al consenso, che quando cè è unanime per critica e pubblico; parliamo di film come Giulia e Giulia, Piccoli Fuochi o Compagna di viaggio cui si contrappongono delle uscite quantomeno \'non capite\' o \'non riuscite come Tracce di vita amorosa o Etoile. Come se Del Monte stesso avesse avuto lintenzione o la coscienza di produrre un film riuscito o meno, come se le sue personali scelte, senzaltro coraggiosamente al limite, si rispecchiassero fedelmente nellesito dei film. Daltra parte lesplorazione dei sentimenti, lanalisi dellanima, la rivelazione della natura umana con facce speculari luce-ombra e le crisi esistenziali che da questo originano, siano sempre stati il nodo, a volte ricchissimo di emozioni, della cinematografia di Del Monte, in questo coerente.
Margherita Buy e Valeria Golino interpretano Clara e Nina, due sorelle le cui personalità artificiosamente allopposto, comporrebbero, se riunite, un solo essere umano. Non cè nemmeno la volontà di andare controvento alle proprie inclinazioni, il che almeno avrebbe reso la storia interessante, ma questa circostanza è causata da un evento esterno: un ex amante di Nina, la scapestrata, la vagabonda, lartista di casa sempre in affannosa ricerca di completezza, Leonardo (Ennio Fantastichini), infermiere con laria da maniaco sessuale, fa conoscere, con il suo ritorno, \'una parte sconosciuta di sé\', in un luogo oscuro e remoto dellanima. A far da cornice a questo infelice triangolo senza neanche il beneficio dellemozione, una Torino perennemente tormentata dalla pioggia, accesa dai colori sgargianti degli ombrelli, in un bel contrasto visivo, dovuto alla notevole fotografia di Saverio Guarda. Almeno lui riesce a sollevare lo spettatore dallo squallore volutamente auto-celebrante, cui sta assistendo.
Altra nota interessante, sui cui il regista ha lavorato quasi seguendo un percorso psicoanalitico con scambi di ruolo, è stata la scelta delle attrici. La Buy, artista dalla personalità dinamica, nervosa ma energica, è stata imbrigliata in un personaggio soffocato dal proprio approccio razionale alla vita. Stessa cosa per la Golino, in genere musa ispiratrice per ruoli teneri e condizionabili, ha dovuto tirare fuori la parte più spietata di sé. Ma, per quanto brave nel sostenere la parte, il risultato resta di una programmaticità eccessiva, anche nellintento.