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Il lato oscuro di Noomi Rapace

L'ex Lisbeth Salander ha presentato a Roma l'horror norvegese "Babycall", un viaggio negli angoli più bui della maternità

Babycall - Noomi Rapace

31.10.2011 - Autore: Marco Triolo
Le raggelanti atmosfere scandinave sembrano un terreno eccezionalmente fertile per il thriller e l'horror. Ci troviamo in una terra nota per l'alto tasso di suicidi, dove una lunga notte di sei mesi contribuisce a schiacciare il morale delle persone e un altrettanto lungo giorno porta a galla realtà inquietanti che dovrebbero rimanere sepolte. In questo mondo, e in questo lungo giorno, si muove il norvegese Pål Sletaune, che dirige l'intensa Noomi Rapace in “Babycall”, via di mezzo tra il thriller psicologico e l'horror domestico di “Paranormal Activity”.

Noomi Rapace al Festival di Roma

La passione per il lato oscuro
L'ex Lisbeth Salander interpreta qui una madre single, che si trasferisce con il figlio nei sobborghi di una Oslo che grida male di vivere dall'alto dei suoi ordinati e quasi asettici casermoni. Entrambi fuggono da un marito/padre violento, hanno difficoltà a fidarsi del prossimo e devono combattere i loro demoni. Anna è una madre iper-protettiva, che segue il figlio Anders e gli fa la posta fuori da scuola. Nella loro vita entra a un certo punto il commesso Helge, che sembra poterli aiutare a rimettere insieme i pezzi. Ma sotto sotto si agitano verità ancora più terribili dei più terribili tra i maltrattamenti.

“Non mi piacciono i personaggi simpatici e sorridenti. Preferisco le storie oscure e quindi non credo che mi vedrete in una commedia romantica – ha dichiarato l'attrice al Festival del Film di Roma – Ad esempio in 'Sherlock Holmes: Gioco di ombre' sono una zingara, e gli zingari non sono di solito ben visti”. L'attrice ha paragonato il lavoro nelle produzioni europee con quello nei grandi blockbuster in cui presto la vedremo, il già citato “Sherlock Holmes” e “Prometheus” di Ridley Scott: “Non c'è questa grande differenza. In 'Sherlock Holmes' mi hanno dato spazio per sviluppare il mio personaggio”.

Noomi Rapace in Babycall

Un giudizio sul film
L'interpretazione della Rapace è funzionale al film, e l'atmosfera non manca, almeno nella prima parte. Peccato che, dopo un po', il ritmo inizi a latitare e la noia predomini. I rapporti tra i personaggi sono decisamente quello che tiene in piedi il film, nonché i personaggi stessi, carcasse sofferenti in un mondo lucidamente crudele. La pellicola si ravviva negli ultimi minuti, tramite una serie di colpi di scena ben assestati – pur se già visti – che rimettono in gioco il rapporto tra realtà e illusione e scavano in profondità nei cuori dei protagonisti. Se la parte centrale non fosse così stagnante, “Babycall” sarebbe un ottimo esempio di come terrorizzare e far riflettere allo stesso tempo, e con pochi mezzi. Così è invece solo un esperimento riuscito a metà.

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