NOTIZIE

Gli incubi di Tim Roth

L'attore racconta la sua esperienza sul set americano di Funny Games, remake fotocopia del film austriaco del 1997, interpretato insieme a Naomi Watts e diretto ancora una volta di Michael Haneke.

Tim Roth

09.07.2008 - Autore: Pierpaolo Festa
È stato il film più disturbante tra tutti quelli che ho fatto. Sono state cinque settimane di lacrime. È stato brutale: si è trattata di una delle volte peggiori sul set per me. Non avrei mai voluto guardarlo!” – Così parla Tim Roth, straordinario attore britannico con più di settanta pellicole nella sua filmografia. Questa volta, però, è stato diverso. In "Funny Games U.S.", remake fotocopia dell’omonimo film austriaco del 1997, diretto sempre da Michael Haneke, Roth interpreta un padre di famiglia che viene sequestrato,insieme alla moglie (Naomi Watts) e al figlio (Devon Gearhart) da due psicopatici (Michael Pitt e Brady Corbet). Finiranno per essere torturati per tutta la notte…

Signor Roth, ci racconta come ha accettato questo ruolo?
Haneke ha fatto un film identico all’originale inquadratura per inquadratura. La differenza è che io e Naomi Watts siamo due americani. Ma lui avrebbe voluto fare un film americano sin dall’inizio. Dapprima avevo rifiutato il ruolo. Avevo visto l’originale e non mi era piaciuto particolarmente. Non è che ci si innamora di quel film! Poi ci ho ripensato e mi sono detto Ok… è stata la cosa più dura e pesante che io abbia mai fatto come attore. Mi ha ucciso.

Com’è andata con Haneke sul set?
Michael mi piace molto. Qualche volta sul set mi ha sgridato, ma non è niente di grave. Fare quel film mi ha spezzato il cuore. Si sente davvero che una famiglia viene distrutta. Cominciavo a piangere la mattina e finivo la sera… penso che anche per Michael sia stata davvero dura e frustrante. Una volta si è messo a piangere sulla mia spalla. Michael non parla l’inglese molto bene quindi non è stato affatto facile per lui.

E la cosa più dura per lei?
Per me la cosa più dura è stata immaginarmi come deve essere una situazione del genere. Non è come negli altri film. È reale. Non c’è la possibilità di alzarsi da quel divano e reagire. Il personaggio che interpreto in questo film non ha alcuna capacita di reagire o difendersi. È stato difficile metterlo in scena. Volevo che gli spettatori provassero ogni mia sensazione in quella situazione terrificante. Spero di avercela fatta.

Nel 1999 lei ha diretto Zona di guerra. Perché non ha più diretto da allora?
A casa ho due sceneggiature completate. Devono però essere finanziate. La ragione per cui non sono tornato a dirigere è perché non potevo permettermi di prendermi un paio di anni per me, lontano dal lavoro. Dirigere un film vuol dire stare almeno due anni impegnato a fare quello. Bisogna investire tanti soldi per farlo. Quando ho girato con Haneke non ho guadagnato tanti soldi. Gli attori oggigiorno non vengono pagati tanto. Sono 25 anni che faccio film con gli altri. Io ho famiglia. Non voglio assolutamente trascurarli perché ho il pallino di tornare a dirigere un film.

Recentemente l’abbiamo vista in Un’altra giovinezza di Francis Ford Coppola. Com’è andata quest’esperienza? Quanto si sentiva emozionato davanti ad un regista del genere?
Ho lavorato con tanta gente famosa. È come mettere ognuna di quelle volte in uno stesso bagaglio di esperienze. Con Coppola è stato molto difficile ed è stato un film davvero complicato. Ogni giorno, per tutto il giorno, nelle più strane circostanze, lui cambiava qualcosa. “Andiamo al mare e facciamo questa scena”… ed eccomi in pigiama a morire dal freddo! Lui diceva che era meglio così per la scena. Sperimentava. All’inizio mi aveva detto che secondo lui quello era un film girato da uno studente. Io non gli avevo creduto. Quando però ho visto il film ho pensato che si trattava di una cosa del genere: un film fatto da uno studente, ma con tanta esperienza dietro la macchina da presa.

Una volta è stato candidato all’Oscar per Rob Roy (1996), un film che ha girato insieme a Liam Neeson. Che ricordi hai di quella esperienza?
Quella di andare a girare in Scozia ed essere divorato dagli insetti. Allora quello si poteva definire una grande produzione, ma non paragonata ai film di oggi, tipo L’Incredibile Hulk.
 
A proposito di Hulk: lei interpreta spesso il ruolo del cattivo. Non ha paura di rimanere intrappolato nello stesso ruolo?
Rimanere intrappolati succede nella tua mente, solo nella tua mente. Si ho fatto parecchi cattivi, ma se è divertente, voglio continuare a farli.

Ultimamente Quentin Tarantino si prepara a girare Inglorious Bastards, ispirato ad un film del nostro Enzo Castellari (Quel maledetto treno blindato). Circolano voci che lei farà parte del cast. È vero?
Continuo a sentirne parlare anche io, ma io e Quentin non ne abbiamo mai discusso. Beh, lo abbiamo fatto, ma parecchio tempo fa, dunque si vedrà. Ma posso dirvi che lo spero tanto.

Vi ricordiamo che l’appuntamento in sala con “Funny Games” è fissato per venerdì 11 luglio, avrete abbastanza stomaco per restare a guardare?